Quella strana storia degli architetti di Expo che fanno la villa a Sala

Nuovo guaio per il candidato alle primarie Pd di Milano. La sua casa in Liguria sarebbe stata progettata dagli stessi professionisti che hanno disegnato alcuni padiglioni di Rho

Quella strana storia degli architetti di Expo che fanno la villa a Sala

Un cancello comandato a distanza, lungo una strada di ciottoli lustri che scende tra gli uliveti del Tigullio. Oltre il cancello, una grande villa dalle linee essenziali. È la casa al mare di Giuseppe Sala detto Beppe, commissario straordinario di Expo e aspirante sindaco di Milano. Una casa invidiabile, affacciata sul golfo, immersa in uno scenario così prezioso da essere tutelato per intero dalla Sovrintendenza dei Beni ambientali. Tutto bene, se non fosse per un dettaglio. A progettare la villa sono stati gli architetti di Expo. Gli stessi professionisti che hanno avuto ruoli e appalti per l'esposizione universale, hanno messo mano chi per un pezzo chi per un altro alla dimora vacanziera del grande capo di Expo.

Per ricostruire questa storia bisogna arrampicarsi fino in via Costa della Liggia, nella frazione di Sant'Ambrogio. Qui Giuseppe Sala ha quella che nelle sue dichiarazioni ufficiali indica come «proprietà al 100% di terreno sito nel comune di Zoagli», e che è in realtà una dimora di una bellezza commovente, anomala eppure rispettosa del contesto che la circonda. Le carte raccontano che Sala rileva il terreno quando sta per essere nominato, su indicazione del sindaco di allora Letizia Moratti, alla guida di Expo. A vendere è Cesare Cislaghi, un docente universitario. Il prezzo di vendita non è noto, ma Sala in quel periodo ha disponibilità rilevanti: nel 2005 ha dichiarato 2,2 milioni di euro di reddito. D'altronde la spesa vale la candela, siamo in uno dei posti più belli d'Italia, e il terreno è già edificabile. Sala rileva anche il progetto presentato in Comune da Cislaghi, ma non è contento. E lo fa rifare da zero.

Il progetto finale portato in Comune porta la firma di un professionista che con Expo non ha nulla a che fare. Ma secondo quanto risulta al Giornale, a stendere materialmente la bozza originaria del progetto è un professionista che sul sito dell'esposizione lavora in quegli stessi mesi fianco a fianco con Sala: Matteo Gatto, l'architetto che a disegnato il master plan di Expo.

E c'è di più. Della progettazione di una dimora nel Tigullio si parla nel curriculum dell'architetto che più di ogni altro ha messo la sua firma su Expo: l'archistar Michele De Lucchi. Quasi di sfuggita, tra una realizzazione in Azerbaijan e la nuova sede per la Pietà di Michelangelo, viene inserita da De Lucchi una «Villa a Zoagli» per «committente privato». Ma le date, «2012-2014», sembrano coincidere con il periodo in cui prende forma il buen retiro di «mister Expo». E se davvero De Lucchi avesse messo mano alla casa di via Costa della Liggia, l'intreccio tra i due ruoli si farebbe stretto. Perché nel medesimo periodo De Lucchi ottiene da Expo senza gara d'appalto tre incarichi. Il 31 maggio 2012 gli viene affidato il «supporto specialistico alla redazione del concept del padiglione Zero», importo 39.500 euro. Il 31 agosto arrivano anche i «servizi di progettazione relativi al concept della proposta di icona itinerante», importo 20mila euro. Il 10 gennaio 2013 la «icona itinerante» prende il nome di Agorà, e a De Lucchi arriva un altro incarico da 39mila euro.

Sono, va detto, incarichi e importi che passeranno poi indenni il vaglio dell'Auhority anticorruzione, e che peraltro non portano la firma di Sala: ma del suo collaboratore Angelo Paris, direttore degli appalti, destinato a venire arrestato nel maggio 2014.

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