Lo strano tam tam di Palazzo: Renzi lascia prima del voto?

Brunetta riporta i boatos sulla strategia del premier in difficoltà. Che ammette: c'è voglia di governo tecnico

Lo strano tam tam di Palazzo: Renzi lascia prima del voto?

«Ma chi mette in giro queste baggianate? Ah, va beh, Brunetta... in un sistema politico civile, a scemenze del genere nessuno darebbe ascolto». Raccontano che sia stata questa la reazione, tra il divertito e l'esasperato, di Matteo Renzi a chi tra i suoi gli riferiva le ultime dichiarazioni del capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta. Piuttosto, il premier pareva interessato ad analizzare la presa di posizione a favore del «no» dell'Economist: «Mi pare evidente che alcuni ambienti stiano tifando per un bel governo tecnico», era il suo commento.

Ieri Renato Brunetta, intercettati alcuni cronisti parlamentari a Montecitorio, ha confidato che in ambienti parlamentari, anche di sinistra, circolerebbe una voce sorprendente: «Mi dicono che Renzi, probabilmente, pensa anche di dimettersi a qualche giorno dal voto per il referendum costituzionale, per sparigliare se avrà i sondaggi negativi. Le sta provando tutte, fa tenerezza, ma gli italiani l'hanno capito e gli risponderanno con una valanga di no». Quale sia la fonte della rivelazione, il capogruppo di Forza Italia non lo spiega, ma i suoi parlano di «tam tam politico». Conferma il senatore Augusto Minzolini di Forza Italia: «Non è un'ipotesi campata per aria, se fossi Renzi e vedessi il No in vantaggio preferirei far sfiduciare le riforme piuttosto che me stesso».

Il «tam tam» però non trova alcuna conferma nel Pd, dove la questione viene liquidata con una risata: «Mi pare evidente che sia un wishful thinking di qualcuno: Brunetta, oppure la moglie», dice un dirigente parlamentare del Pd. Il responsabile Giustizia del Pd David Ermini si limita ad una battuta: «Dice così? Lo avrà letto su Twitter». Il ragionamento che fanno in casa renziana per spiegare «l'assurdità» di una simile ipotesi è semplice: l'elettorato del Pd, in tutti i sondaggi, risulta compattamente a favore del Sì, nonostante Bersani e D'Alema. «Se Renzi annunciasse che si dimette, a pochi giorni dal voto, otterrebbe l'unico risultato di disorientare e demotivare proprio quelli che ci sono più vicini. Ovvio che Brunetta ci speri e che provi a diffondere facezie per fare un po' di chiasso in campagna elettorale, ma nessuna persona ragionevole può immaginare che Renzi faccia una mossa così controproducente», dice un dirigente assai vicino al premier. Senza contare un'altra considerazione, altrettanto ovvia: un improvviso annuncio di dimissioni del governo, a urne ancora chiuse e con la Finanziaria aperta in Parlamento, non solo provocherebbe tempeste sui mercati che già temono terremoti post voto se vincesse il No e si aprisse una crisi di governo, ma metterebbe il premier in rotta di collisione con il Quirinale, che si ritroverebbe in una situazione difficilmente gestibile. Insomma, l'ipotesi «non esiste e non è mai esistita, se non nella fervida fantasia di alcuni esponenti di opposizione», tagliano corto in casa Pd.

Del resto non fu presa in considerazione, sottolineano, neppure quando veniva avanzata da sponde più amichevoli, all'inizio della campagna referendaria: sia il direttore dell'Espresso Tommaso Cerno che l'editorialista del Wall Street Journal Pierpaolo Barbieri avevano infatti suggerito al premier di annunciare, prima del voto, che si sarebbe comunque dimesso, anche con la vittoria del Sì. «L'Italia e l'Europa hanno bisogno di Renzi», ma «i nemici sono tanti», scriveva il WSJ. E minacciando di andarsene il premier «ricorderebbe agli elettori che vale la pena tenerselo».

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