C'è chi sostiene che finirà tutto, come sempre, in una bolla di sapone. E c'è chi invece è pronto a giurare che la rottura stavolta si consumerà per davvero. Le ultime avvisaglie non lasciano presagire nulla di buono: Salvini si avvicina a Orban e al premier polacco Morawiecki e si allontana da Giorgetti che da tempo spinge per un avvicinamento al Ppe. Il redde rationem tra i due è previsto oggi pomeriggio, al Consiglio federale del Carroccio. Intanto, però, se si vuole provare a fare il gioco della caccia alla prima crepa nel rapporto tra i leghisti bisogna fare un passo indietro. E tornare al 31 agosto 2018. Siamo alla Versiliana di Marina di Pietrasanta e Giorgetti tira fuori dal cilindro delle dichiarazioni non proprio piacevoli.
«Il difetto principale di Matteo? Se devi fargli una critica devi stare attento a come gliela fai, perché la può prendere male, è permaloso», lamenta tra il serio e il faceto. Ma soprattutto: «Salvini in campagna elettorale disse che sarebbero stati rimpatriati 500mila immigrati irregolari. L'aveva sparata grossa». Insomma, non proprio dichiarazioni d'amore sconfinato. Tanto che a sinistra provano subito a cavalcarle. Negli ultimi tre anni, il rapporto tra i due è costellato di reprimende poi smentite, di liti poi rinnegate, di critiche poi smorzate. Rileggendo gli archivi del passato, non è difficile scorgere le classiche affermazioni di facciata: «Sono solo letture giornalistiche», «Io e Giancarlo andiamo d'amore e d'accordo», «Tra noi ci divide solo il tifo». È il gioco delle parti. Ma la tensione si fa alta nell'agosto 2019, quando va in scena la stagione del Papeete e lo strappo con Di Maio e Conte sapientemente orchestrato dalla regia sorniona dello stesso Giorgetti. Che qualche giorno dopo confesserà: «Per mesi ho detto a Matteo stacca stacca e quando gli ho detto di non farlo lui ha annunciato la crisi, ma andasse». Un mese dopo, all'ipotesi di un ingresso della Lega nel Ppe Giorgetti risponde: «Non lo escluderei a priori. Con la Csu bavarese, ad esempio, ci sono molti elementi di consonanza». Bufera nel partito, poi le acque si calmano.
Nel novembre 2019 un altro motivo di acredine è la proposta di Costituente fatta da Giorgetti e rigettata da Salvini: «Sono impegnato in temi molto più concreti». Ma poi anche lì, tutto torna alla normalità. Il copione si ripete e le uscite di colui che i più «oltranzisti» definiscono il «nuovo Fini» si ripetono. Nell'aprile 2020 tema della discordia sono Mes e lockdown. Il 4 luglio scorso Salvini lancia un manifesto dei valori sovranisti e Giorgetti lo snobba così: «Non ho fatto a tempo a leggerlo». Un mese dopo il sottosegretario gela tutti e «spinge» per conto di Draghi, secondo i malpensanti - Durigon dalla finestra.
A settembre scoppia la grana sui candidati Michetti e Bernardo, poi l'endorsement di Draghi al Colle, le parole infuocate contenute nel libro di Vespa e il paragone con Bud Spencer. Ennesimi dissidi, ennesime bordate. Ora resta solo da capire se stavolta è stata oltrepassata la linea Maginot. O se torneranno i sorrisi nel gioco delle parti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.