La suggestione di Salvini e Di Maio e la tentazione del fronte anti-urne

Dubbi tra i dem e in Forza Italia sulla non belligeranza Matteo-Luigi Il timore di un nuovo asse tra i due

La suggestione di Salvini e Di Maio e la tentazione del fronte anti-urne

Non che sia uno scenario probabile, ma in molti in Parlamento hanno iniziato ad osservare con una certa curiosità lo strano equilibrio che si è andato creando nelle ultime settimane tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Nonostante la brusca rottura dello scorso agosto, infatti, i due si sono assestati su posizioni per certi versi convergenti, guardandosi bene dal darsi rispettivamente addosso. L'offensiva contro il Mes - il Meccanismo europeo di stabilità - è senza dubbio il caso più eclatante. Con il leader della Lega che dai banchi del Senato elogia l'intervento alla Camera del vicecapogruppo grillino Francesco Silvestri e invita i parlamentari M5s a «non essere complici» di «una menzogna che ricadrà sui cittadini italiani». Appello seguito a stretto giro dai tweet del leghista Claudio Borghi che durante l'intervento di Giuseppe Conte a Montecitorio invita Di Maio a «riscattare la dignità dell'Italia» e «piantarlo lì con tutte le sue menzogne». «Potrebbe ancora farlo in Senato», è l'auspicio del presidente della commissione Bilancio della Camera. Richiesta subito soddisfatta dal ministro degli Esteri, che qualche ora più tardi decide di disertare l'informativa del premier a Palazzo Madama. «L'assenza di Di Maio è una minima fonte di speranza. La capacità di sopportazione di una persona prima o poi arriva al limite. Vedremo...», twitta soddisfatto Borghi.

Insomma, non solo convergenze ma pure una certa cordialità. E zero polemiche, nonostante sarebbe stato molto agevole per Salvini puntare il dito contro Di Maio che sul Mes si sarebbe rimangiato la parola a suo tempo data. Così, in una politica che è ormai fluida oltre il limite dell'umana comprensione, ci sta che nel Pd - e pure in Forza Italia - qualcuno inizi a temere ci sia qualcosa sotto. Il dubbio lo ha esplicitato qualche giorno fa la Velina rossa, storica nota politica quotidiana di Pasquale Laurito, decano dei giornalisti parlamentari. Che, magari anche un po' come provocazione, non «esclude a priori» un ritorno di fiamma tra Di Maio e Salvini. Uno scenario azzardato, certo. Ma in questi ultimi due anni ne abbiamo già viste di cose che solo pochi mesi prima nessuno si sarebbe aspettato. A partire dalla nascita dell'improbabile «governo del cambiamento» sostenuto da M5s e Lega. Per non parlare del cambio di maggioranza di quest'estate, con il Pd e persino Matteo Renzi che si alleano con Di Maio e Beppe Grillo in nome del superiore interesse del Paese. Fino alla giravolta di Conte, miracolosamente catapultato a Palazzo Chigi dal M5s a giugno del 2018 e oggi in rotta di collisione con Di Maio e il Movimento e in deciso avvicinamento verso il Pd. Insomma, tutto è possibile.

Ed è per questo che qualcuno a largo del Nazareno teme che i due potrebbero tornare a strizzarsi l'occhio se davvero si arrivasse ad una crisi di governo. Il tema della tenuta dell'esecutivo, è cosa nota, è all'ordine del giorno nel Pd dove ci si confronta sull'opportunità di andare avanti in un percorso che fino ad oggi è stato disastroso. Se davvero a gennaio i dem arrivassero alla conclusione che è meglio chiamarsi fuori, però, un improvviso asse M5s-Lega stopperebbe ogni ipotesi di voto anticipato. In questo senso, infatti, i numeri in Parlamento parlano chiaro. Certo, sarebbe complesso per Salvini spiegare una scelta simile e probabilmente non sarebbe neanche suo interesse posticipare un voto che stando ai sondaggi attuali lo vedrebbe nettamente vittorioso. Però tra i parlamentari del centrodestra c'è chi sostiene che il leader della Lega mal sopporti la crescita di consensi di Giorgia Meloni che - se confermata nelle urne - potrebbe diventare un alleato ingombrante.

Sull'altro fronte, invece, il percorso pare meno accidentato, visto che l'ipotesi di prolungare la legislatura fino al 2023 - e quindi gli stipendi - dovrebbe superare le inevitabili resistenze di parte dei gruppi parlamentari grillini ad una nuova alleanza con Salvini. Che avrebbe un obiettivo di lunga durata. M5s e Lega, infatti, in questo azzardato scenario si ritroverebbero ad eleggere un successore «sovranista» di Sergio Mattarella.

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