«Di fatto nessuno perderà nulla», perché «l'obiettivo è far sì che tutti i nuclei familiari si trovino in condizione di segno più, non meno». Il ministro della Famiglia, Elena Bonetti, ieri ha spiegato in questi termini la scelta del governo di rinviare all'inizio del 2022 la partenza dell'assegno unico per i figli, inizialmente previsto dal primo luglio. Per il 2021 è molto probabile che la misura sia avviata in forma sperimentale sale per i lavoratori autonomi e i disoccupati, che non hanno accesso agli assegni familiari.
La precisazione del ministro, tuttavia, lascia trasparire come il nuovo sussidio, che dovrebbe raggiungere un massimo di 250 euro per ciascun figlio sino a 21 anni a seconda dell'Isee (con maggiorazioni per i disabili), possa generare un clamoroso effetto boomerang. Occorre, quindi, ricordare - come ha fatto il premier Mario Draghi - come sarà distribuito lo stanziamento di 22 miliardi di euro per l'assegno unico destinato a riunire detrazioni, assegni familiari e bonus bebè. Secondo alcune stime, circa 1,3 milioni di famiglie sui circa 11 milioni di nuclei complessivamente interessati dal provvedimento riceveranno meno rispetto a quanto ottengono attualmente dallo Stato. In particolare, l'eliminazione delle detrazioni rischia di determinare il pagamento automatico dell'Irpef anche per redditi sopra i 20mila di fatto azzerando i maggiori benefici per i redditi bassi. Allo stesso modo, per i redditi più elevati potrebbe esserci una penalizzazione a causa della necessità di estendere il sussidio a categorie che attualmente non lo percepiscono come, per l'appunto, i lavoratori autonomi e i disoccupati. Le Acli hanno poi ricordato che il superamento delle detrazioni potrebbe far scattare le addizionali regionali e comunali Irpef con una diminuzione del reddito netto percepito.
Il problema principale è l'annullamento della clausola di salvaguardia che la precedente maggioranza del governo Conte II avrebbe voluto introdurre per garantire l'invarianza del reddito netto per tutti e che il ministero dell'Economia per problemi di copertura ha fatto cassare. Il Partito democratico si è sempre dichiarato possibilista su una loro reintroduzione nonostante il costo stimato sia superiore al miliardo di euro.
Le Acli, dal canto loro, hanno proposto una soluzione ponte: mantenere in vigore le detrazioni Irpef fino alla riforma della principale imposta diretta. In secondo luogo, è stato suggerito al governo di escludere i piccoli risparmi dal computo dell'indicatore della situazione patrimoniale che, in molti casi, fa impennare l'Isee escludendo nuclei a basso reddito da una serie di benefici.
Il puzzle è molto complicato da comporre a causa dello stanziamento che, sebbene corposo, potrebbe rivelarsi insufficiente.
Ecco perché il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli (Fdi), ha proposto un piano straordinario di sostegno economico per aiutare i giovani con il quoziente familiare, la riduzione delle tasse sui prodotti per neonati, il piano nidi e servizi 0-6 anni e il reddito d'infanzia».
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