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Svezia e Finlandia nella Nato. Il dubbio estradizioni

Manca solo la ratifica per i due Paesi, ma resta il caso Turchia. "Non esiste una lista di curdi"

Svezia e Finlandia nella Nato. Il dubbio estradizioni

Nasce il club dei 32: Svezia e Finlandia nella Nato, ma la strada non è in discesa. La storica pagina atlantica è stata siglata ieri dagli ambasciatori degli Stati membri e dei rappresentanti permanenti che hanno firmato i protocolli di adesione, dopo la caduta del veto turco contro l'espansione nordica dell'alleanza. La mossa, di fatto, apre la via a quello che dovrebbe essere un lungo processo di ratifica, che deve essere unanime tra i 30 membri dell'alleanza, ma non è scevra da altri inciampi che potrebbero presentarsi dinanzi a questo disegno favorito dalla guerra.

Intanto con 32 nazioni attorno al tavolo, «saremo ancora più forti», ha affermato il segretario generale dell'alleanza Jens Stoltenberg definendo la decisione «un momento davvero storico per la Finlandia, per la Svezia e per la NATO, le nostre persone saranno ancora più al sicuro mentre affrontiamo la più grande crisi di sicurezza degli ultimi decenni». Ottimista il ministro degli Esteri finlandese Pekka Haavisto: «Non vedo l'ora di un rapido processo di ratifica». In sostanza da oggi in poi Helsinki e Stoccolma possono prendere parte ai vertici della NATO ma fino al momento della ratifica restano escluse dalla clausola prevista dall'articolo 5 (un attacco a un alleato è un attacco contro tutti). Sulla stessa linea il ministro degli esteri svedese, Ann Linde, che ha parlato di una «giornata storica», osservando che «come futuro membro dell'Alleanza, la Svezia contribuirà alla sicurezza di tutti gli alleati».

Tutto bene allora? Non proprio. Resta intatto lo scoglio legato al Pkk, visto che il memorandum firmato tra Turchia, Finlandia e Svezia condiziona l'adesione dei due paesi alla NATO alla lotta contro il Partito dei lavoratori del Kurdistan, visto come fumo negli occhi da Recep Tayyip Erdogan, al pari del predicatore Fetullah Gulen. Ankara ha chiesto la revoca dell'embargo sulle armi imposto alla Turchia nel 2019 e la consegna di alcuni esponenti che vivono su suolo svedese. Sul punto si registra l'iniziativa di una parlamentare svedese indipendente che ha denunciato il ministro degli Esteri Ann Linde. Si tratta di Amineh Kakabaveh, nata nel Kurdistan iraniano, che si è rivolta alla Commissione costituzionale. Per questa ragione il presidente turco ha detto pubblicamente che la Svezia ha promesso di consegnare alla Turchia 73 persone, solo dopo «prenderemo la nostra decisione», ha affermato il leader turco. I due paesi hanno accettato di affrontare le «richieste di espulsione o estradizione in sospeso della Turchia in modo rapido e completo», stabilendo inoltre quadri legali bilaterali necessari per facilitare la cooperazione in materia di sicurezza.

Da Ankara però arrivano nuovi strali: se Svezia e Finlandia non rispetteranno il recente memorandum firmato con la Turchia, la Turchia non le accetterà nell'alleanza della NATO, ha detto polemicamente il ministro degli Esteri Mevlüt Çavuolu: «Se questi paesi non mantengono la parola data, faremo i nostri passi di conseguenza».

Linde specifica «che non esiste una lista da rispettare» mentre Stoltenberg prova a metterci una toppa quando sottolinea che il documento, nelle intenzioni, «speriamo faciliti i negoziati e le richieste della Turchia di estradizioni di sospetti terroristi», visto che la Turchia è l'alleato che ha subito di più gli attacchi terroristici, aggiungendo che anche altri membri della NATO hanno subito attacchi simili.

Ma ciò che faranno ciascuno degli alleati, precisa forse rivolto a Erdogan, «si baserà sulla propria legislazione e sullo stato di diritto nei loro paesi, è così che funzionano le democrazie e gli alleati della NATO».

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