
In principio fu Mario Monti a parlare di spending review . Un termine inglese fa sempre scena, riempie la bocca, ma non le casse dello Stato perché - tornando con i piedi a terra - la revisione della spesa rimase lettera morta. E con la lettera morì anche Monti, politicamente, si intende. Poi fu la volta di Enrico Letta, persona perbene ma tutta cipria, che è passato senza lasciare traccia di tagli agli sprechi. Ed ecco giunto Matteo Renzi, l'uomo della provvidenza, anzi della Previdenza visto che ha in animo di abbassare le pensioni pur di non abbassare la spesa pubblica.
Cosicché la spending review è andata a farsi benedire insieme con coloro i quali hanno ricevuto il compito di eseguirla: Piero Giarda, Enrico Bondi, Carlo Cottarelli e, infine, Roberto Perotti, geniale economista, chiamato a Palazzo Chigi per azionare le cesoie e subito allontanato perché minacciava di fare sul serio. Già. In Italia di serio c'è soltanto la persecuzione dei cittadini che non pesano niente, quelli privi di voce in capitolo. L'uscita di Perotti è una disgrazia che uccide qualsiasi speranza di sistemare i conti, sempre più rossi, sempre più drammatici, nonostante che il governo strombazzi dati statistici strabilianti. Bugie penose.
E pensare che il premierino, nel giorno dell'insediamento, dichiarò solennemente: recupererò miliardi grazie alla spending review e tapperò i buchi di bilancio. Ha tappato solo la bocca agli incaricati di limare gli eccessivi costi statali. Dispiace dirlo, ma è così. Il nostro Paese, per vari motivi (futili), non è in grado di stringere i lacci della borsa, impegnato com'è ad accontentare - a scopo elettoralistico - chiunque assicuri un pugno di voti: i burocrati, le corporazioni medievali, gli ordini professionali che difendono interessi di casta, clienti di ogni specie eccetera.
Fatto sta che quando la cassa è a secco, si va per le spicce: si potano le pensioni dei vecchi che hanno pagato i contributi per decenni, si diminuiscono alcune tasse di 10 e se ne aumentano altre di 30, e avanti così con i soliti imbrogli. Affossata la spending review , non resta che affidarsi a San Gennaro. Le province sono state abolite per finta, il Senato è stato eliminato per scherzo, le regioni sono intoccabili, il Tar pure. E sorvoliamo sugli enti inutili, una cinquantina, per cancellare i quali fu istituito un ente che provvedesse alla bisogna, e adesso i baracconi superflui sono 51.
Fino a poco tempo fa si predicava la necessità di privatizzare le cosiddette aziende municipalizzate, quasi tutte in perdita, feudi di politici di scarto, fonti di corruzione almeno quanto le regioni, in cui sono più
numerosi gli indagati che i puliti. Vabbè, lasciamo correre. Forse aveva ragione la buonanima: governare gli italiani non è difficile, è un esercizio vano. Anche perché gli stessi governanti sono italiani, e non i migliori.