Quando all'inizio dell'anno la Romania assunse la presidenza semestrale di turno dell'Ue, il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker fu molto criticato per aver espresso dubbi sulla capacità di quel Paese a svolgere tale ruolo. Ora però si comincia a pensare che potesse avere dalla sua delle buone ragioni. Fa riflettere in tal senso la notizia che la giustizia romena ha notificato a Laura Codruta Kovesi, ex capo del Dipartimento nazionale anti corruzione (Dna), il divieto di espatrio e di parlare con i giornalisti: contro di lei, famosa in Romania per essere l'incorruttibile nemica numero uno del malaffare che impesta la politica nazionale, sono stati aperti due fascicoli d'inchiesta su oscure vicende in cui lei stessa avrebbe ricevuto tangenti. E la Kovesi, che figura in testa alla lista dei candidati alla carica di capo procuratore europeo che diventerà operativa entro la fine del 2020, ha subito denunciato una manovra del governo di Bucarest per metterla in condizioni di non nuocere. Ovviamente a loro.
La decisione di procedere per abuso d'ufficio e concussione contro la magistrata è arrivata dopo ben sei ore di interrogatorio da parte dei pubblici ministeri di Bucarest. Le misure restrittive a suo carico hanno tutta l'aria di essere l'ultimo capitolo di una operazione decisa da tempo ai piani più alti della politica romena. La Kovesi, infatti, dà molto fastidio all'attuale governo guidato dal socialdemocratico Liviu Dragnea, coinvolto in numerose inchieste per corruzione e bersaglio l'anno scorso di affollatissime e rabbiose manifestazioni di protesta nelle piazze della capitale. Anche altri esponenti dell'esecutivo romeno hanno problemi con la giustizia, ma contano sull'impunità garantita loro secondo gran parte dell'opinione pubblica e dei partiti dell'opposizione da ampi settori politicizzati della magistratura e perfino dalla Corte Costituzionale. Laura Codruta Kovesi era il loro incubo perché non guardava in faccia a nessuno: nominata al vertice del Dna nel 2013 dall'ex presidente della Repubblica Traian Basescu, era presto diventata famosa per la lotta condotta con metodi spicci contro la corruzione in Romania, guadagnandole la stima di diversi Paesi europei occidentali e una vasta popolarità in patria.
Ma la scorsa estate, dopo una serie di arresti eccellenti nel mondo della politica romena, la Kovesi è stata allontanata dalla guida del Dna per decisione della Corte Costituzionale, e il Dipartimento contro la corruzione è rimasto senza un capo. Già allora l'ex procuratrice aveva denunciato una persecuzione contro la sua persona e nello scorso dicembre si era rivolta alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo per chiedere di essere reintegrata al suo posto: il verdetto non è ancora stato emesso.
Non è dunque difficile comprendere per quale motivo il governo della Romania si opponga alla prestigiosa nomina di una connazionale alla nascente Procura europea: Dragnea e i suoi compagni di partito e di coalizione cercano di impedire che la Kovesi, messa fuori gioco a Bucarest, possa rimetterli nel suo temibile mirino da Bruxelles. Nel cuore della politica europea, tuttavia, il sostegno alla super procuratrice romena resta intatto da parte di Paesi come Germania, Francia, Austria e Olanda.
E ieri il presidente dell'Europarlamento Antonio Tajani ha espresso la sua preoccupazione, assicurando che l'istituzione da lui presieduta continua a sostenere la sua nomina e garantendo che solleverà il caso Kovesi mercoledì prossimo all'incontro dei capi gruppo del Parlamento dell'Ue.
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