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Tanti fiori, zero giovani e un pino a fare la guardia Così il Grande Siciliano sarà romano per sempre

Attori, politici e una folla di ammiratori comuni per lasciare un fiore. E la Boldrini lo «santifica»

Tanti fiori, zero giovani e un pino a fare la guardia Così il Grande Siciliano sarà romano per sempre

Roma Il cancello del Cimitero Acattolico di Roma apre quarantacinque minuti prima del previsto, quando sotto il sole a picco delle due del pomeriggio, compostamente in fila, c'è già un centinaio di persone. Nel giro di mezz'ora saranno sei volte tante. E per contenere tutti quelli che vogliono salutare Andrea Camilleri bisognerà prolungarne l'apertura fino alle otto di sera.

La sepoltura dello scrittore, tumulato alle undici del mattino con una cerimonia laica privata, alla presenza di solo trenta tra familiari e amici, oltre la moglie Rosetta e le tre figlie anche Luca Zingaretti, è in un rettangolo di terra scura, zona 3 e riquadro 1. Riposerà fra le siepi di alloro e all'ombra di un pino secolare e di un altissimo angelo in pietra, che si protende dalla sepoltura accanto. Ancora privo di lapide, il tumulo è però incorniciato da folti mazzetti di fiori coloratissimi, e ricoperto di bigliettini affettuosi. Uno dice: «Ti ho voluto bene e te ne vorrò sempre». Tre grandi registri, su un tavolino nero, si riempiono presto di firme.

Il grande siciliano ha vicini illustri, da Gramsci a Gadda, da Arnoldo Foà a Miriam Mafai. La direttrice del cimitero, Amanda Thursfield, ricorda: «Camilleri amava questo luogo. Era venuto a visitarlo più volte. Vi ospitiamo soprattutto stranieri; comunque persone laiche». Ma lo spazio è poco: tra i vialetti ombrosi si può sostare solo alcuni minuti e subito bisogna lasciare il posto a chi, fuori, sta ancora aspettando sotto al sole.

Mescolato fra i tanti, dietro gli occhiali scuri, c'è Michele Riondino, il Giovane Montalbano. «Ad Andrea chiedevo consigli su tutto, come si fa col proprio nonno, non solo sul mio mestiere. E non temevo mai di disturbarlo, perché lui parlava volentieri con tutti. Io ero l'allievo, lui il maestro. Il genere di maestro col quale i rapporti non finiscono, quando finisce la scuola». Carlo Degli Esposti, produttore del Commissario Montalbano osserva muto, dietro un cipresso, il lento sfilare dei tanti sconosciuti. Età media cinquant'anni, classe sociale medio-alto borghese; pochissimi i giovani.

Accanto al tumulo Max Gusberti, iniziatore storico della saga Rai, con Mariano Rigillo («Fui allievo di Camilleri all'Accademia D'Arte Drammatica, e poi suo attore in diverse commedie televisive. A stargli accanto non ti accorgevi che era cieco, tanta era la sua vitalità») e Simona Marchini: «Perché tanta gente comune sente il bisogno di venire sulla tomba di uno scrittore? Forse perché la nostra è un'epoca senza padri. E quest'uomo anziano e saggio emanava un calore ed un'umanità davvero paterni».

Il ministro dei Beni Culturali Bonisoli sosta pochi attimi ma non ha voglia di parlare. Laura Boldrini, invece, racconta a troupe italiane e straniere (ce ne sono di francesi e d'inglesi) che «quando alcuni anni fa il Commissariato per i Rifugiati e la Guardia Costiera decisero d'istituire un premio per quei pescatori che salvavano i naufraghi, fu naturale proporne a Camilleri la presidenza. E lui l'accettò orgoglioso». Preceduta dal vicesindaco Bergamo, arriva infine anche il sindaco di Roma, Virginia Raggi. Si dice colpita «dal desiderio del siciliano Camilleri di essere sepolto qui. Un grande atto d'amore verso la Capitale. La cittadinanza onoraria sarebbe una grande idea». Perché è così amato?, chiede qualcuno. «Perché non rappresentava solo una parte dell'Italia, ma tutti noi. Rappresentava l'italianità».

Quando infine tra la folla si sparge la notizia che per tutta la notte la Rai proietterà sulla facciata di viale Mazzini alcune frasi dello scrittore, l'approvazione è generale.

Solo un passante, che da un po' osservava il rito collettivo, commenta a mezza voce: «Pure questo? Non sarà un po' eccessivo?».

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