Tasse e fondi pubblici. Tutti i misteri dei soldi a Rousseau

Un libro inchiesta: le ricevute dei versamenti sollevano il sospetto di una elusione fiscale

Tasse e fondi pubblici. Tutti i misteri dei soldi a Rousseau

Roma - Le uova d'oro della gallina Rousseau valgono 650mila euro. Mica noccioline se si pensa che nella galassia pentastellata che ruota intorno a Davide Casaleggio c'è l'azienda fondata da papà Gianroberto che, nell'ultimo bilancio noto (2017), annota un fatturato di 1,17 milioni di euro e un utile di appena 20.480.

Sulla gestione del tesoro di Rousseau aleggiano dubbi che fanno a pugni con il marchio di fabbrica della trasparenza che il MoVimento spende a piene mani nell'arena politica, incluso il rapporto con il fisco. Le fonti del fiume di denaro che piove nelle casse dell'associazione sono due: le oltre 22mila donazioni di piccola entità che provengono dagli attivisti e i 300 euro al mese che la copiosa pattuglia di parlamentari grillini si è impegnata a versare per coprire «le spese di funzionamento» della piattaforma che il MoVimento ha per statuto come unico possibile fornitore. La cifra totale nell'arco di una legislatura potrebbe arrivare vicino ai 6 milioni di euro.

Su quest'ultima fonte di entrate a sollevare ingombranti quesiti sono stati gli autori di Il sistema Casaleggio (ed. Ponte alle Grazie), un volume inchiesta sulla galassia degli enti che ruotano intorno all'erede del defunto guru del MoVimento. Nicola Biondo, ex responsabile della Comunicazione per l'M5s alla Camera (prima che le pubbliche relazioni grilline diventassero dominio di Rocco Casalino) e Marco Canestrari, ex informatico presso la Casaleggio associati, sono venuti in possesso di una ricevuta del versamento da 300 euro di uno dei parlamentari grillini (che ha voluto mantenersi anonimo) rilasciata da «Rousseau». Il documento non parla di donazioni, ma è presentato come corrispettivo di un servizio: «Contributo per il mantenimento delle piattaforme tecnologiche che supportano l'attività dei gruppi e dei singoli parlamentari».

Nicola Biondo, dopo aver fatto esaminare il documento al commercialista Alessio Argiolas, solleva una lunga lista di dubbi: «Noi da qui non possiamo capire se è stata pagata l'imposta di bollo, che si applica proprio sulla ricevuta. Sarebbe il caso che qualcuno lo chiedesse all'Associazione Rousseau. L'Iva è stata pagata?». Il documento, riprodotto in questa pagina, riporta la dicitura «Ricevuta», corredata sia da un codice fiscale sia da una partita Iva. Non c'è invece alcuna indicazione sull'eventuale importo da pagare per uno dei due balzelli, l'imposta di bollo o l'Iva, che andrebbe corrisposto nel caso in cui il documento dalla forma non impeccabile fosse da considerare come fattura.

Per molto tempo, tra l'altro, i parlamentari non avrebbero ottenuto alcuna ricevuta per il versamento. La senatrice «ribelle» Elena Fattori sollevò la questione e ricevette i documenti solo poco prima di un'intervista televisiva. «A me non è arrivato nulla», dice invece il senatore Gregorio De Falco, che è stato espulso ma ha comunque onorato i versamenti per il periodo in cui faceva parte del gruppo parlamentare pentastellato. Ma c'è un ulteriore dubbio che andrebbe chiarito. Da dove provengono i contributi versati dai parlamentari? Domanda centrale -incalza Biondo- perché se vengono dall'indennità è un loro sacrificio, ma se provenissero dalle spese si configurerebbe un finanziamento pubblico non dichiarato, attraverso una partita di giro.

L'associazione, oltretutto, non ha fatto piena chiarezza nemmeno sulla seconda fonte di entrate,

le donazioni degli attivisti, avendo pubblicato un elenco composto di centinaia di iniziali, niente nomi. Uno sterminato omissis, salutato anche da qualche polemica interna. Che ovviamente è stata del tutto ignorata.

GiMa

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