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Telecom cede il suo tesoro. Accordo entro 5 mesi

Per il 31 ottobre serve un'intesa con Cassa, Open Fiber e i fondi. Tim tiene clienti e servizi

Telecom cede il suo tesoro. Accordo entro 5 mesi

Tim, Cdp e Open Fiber si sono date 5 mesi di tempo, fino al 31 ottobre per raggiungere un accordo vincolante sulla rete unica. È questo il primo impegno che con il memorandum of understanding (memoprandum d'intesa) le tre società si sono prese. I cda si sono riuniti ieri in seduta straordinaria per dare il via libera all'accordo preliminare e le firme in calce alla lettera d'intenti sono il primo passo su una strada ancora lunga ma che nelle premesse è una vera rivoluzione.

Sulla carta ogni opzione è valida ma l'ipotesi della cessione sembra essere la preferita da Tim. La rete di Tim, dalla dorsale fino all'ultimo miglio e con questa anche la parte internazionale con Sparkle, verrebbe venduta a Open Fiber, in cambio del trasferimento di una buona parte del debito o addirittura con un pagamento tutto cash (si parla di una valorizzazione di 18 miliardi di euro), circostanze che saranno ora al centro delle discussioni. La valorizzazione, le sinergie ma anche l'effettivo perimetro e le forze lavoro che saranno coinvolte saranno oggetto di trattativa. I sindacati hanno espresso sempre contrarietà al piano dell'ad di Tim, Pietro Labriola, che poggia sulla creazione di due entità-base (NetCo per la rete e ServCo per i servizi di telefonia e il cloud), paventando almeno 10mila esuberi, senza considerare l'indotto.

Il primo riflesso si avrà nel progetto di scissione della rete che Labriola presenterà al Market Day del 7 luglio. L'operazione permetterebbe a Tim di concentrarsi sull'attività di servizi. Le rimarrebbe, infatti, tutto il business della telefonia mobile, con le frequenze 5G e il Cloud. Da incumbent (operatore dominante) a Olo (acronimo inglese di operatore su licenza, cioè non proprietario della rete), una rivoluzione copernicana per Telecom nei 25 anni della sua privatizzazione.

In parallelo, si sta sviluppando il progetto di coinvestimento che dovrebbe confluire in NetCo ma che per ora ha vita propria e come tale è stato presentato alla Ue. In attesa del via libera in Italia all'Agcom, è stata presentata la richiesta di rivedere i prezzi alla luce dell'inflazione e l'Autorità potrebbe esprimere il proprio pare già oggi durante la riunione del consiglio. Uno scoglio, quello delle autorizzazioni regolamentari, che ha sollevato i dubbi dei due soci di Tim in Fibercop, Kkr e Fastweb. Il precedente memorandum, siglato da Tim e Cdp nell'agosto del 2020 e poi rimasto lettera morta, accordava sette mesi di tempo per arrivare, a valle dei processi di due diligence sugli asset, a un accordo sulla fusione, a cui sarebbe poi seguita una fase esecutiva e autorizzativa dai tempi incerti. A rendere la strada meno complicata di allora c'è la disponibilità di Tim a rinunciare al controllo della futura rete unica, che anzi l'ex monopolista sembra intenzionato a scorporare e monetizzare, quantomeno in parte, per ridurre il suo debito e riconquistare l'investment grade. Gli analisti di Intermonte assegnano all'infrastruttura un enterprise value (capitalizzazione più debito) di 25 miliardi di euro, di cui 16,7 riferibili ad asset di Tim e 8,6 a Open Fiber, con possibili sinergie - secondo indiscrezioni - di 4-5 miliardi.

Per assegnare un valore alla NetCo di Tim «è cruciale capire le valutazioni degli asset» ma anche «l'ammontare di debito che potrebbe esservi allocato», sottolinea Equita.

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