La tentazione del premier: avere maggioranze variabili

Per stare in piedi l'esecutivo sarà costretto a cercare voti decisivi fra le opposizioni

La tentazione del premier: avere maggioranze variabili

Roma Un 2017 all'insegna della Prima Repubblica. Agli albori così s'annuncia l'anno appena incominciato con un presidente del Consiglio che tanto ricorda i predecessori democristiani, abilissimi nell'arte di «tirare a campare» raggranellando di qua e di là maggioranze adatte allo scopo.

Se fino a 25 anni fa la sopravvivenza era una necessità dettata da una legge elettorale proporzionale e da un quadro politico sostanzialmente bloccato, per Paolo Gentiloni la situazione è un po' diversa. Il suo gabinetto ha uno scopo principale: riuscire a varare una nuova legge elettorale e poi portare l'Italia al voto. Il problema è che su quell'argomento la maggioranza che lo sostiene è alquanto frammentata. Dunque se vorrà portare a casa il risultato dovrà rivolgersi anche all'esterno. Il sistema proporzionale piace a centristi, Forza Italia e alla minoranza del Pd. Al momento Matteo Renzi e la sua maggioranza parrebbero schierati per il Mattarellum o per un maggioritario. Potrebbe essere (e molti sono i segnali) solo un gioco delle parti dell'ex capo del governo che punta egli stesso a stringere l'accordo decisivo con il Cav.

Non è un dettaglio insignificante il fatto che la pattuglia renziana a Montecitorio e Palazzo Madama sia di per sé esigua: tutti coloro che si professano tali sono in gran parte «convertiti» e potrebbero ritornare sui propri passi, magari sotto la guida dell'esperto ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini. Vi è poi un'altra variabile di cui tener conto: i numeri dell'esecutivo Gentiloni sono ballerini al Senato. I 169 voti favorevoli ottenuti sulla fiducia lo scorso 14 dicembre potrebbero rappresentare un unicum. Certo, su questioni importanti come i 20 miliardi di maggior deficit per il salva-risparmio Forza Italia è stata decisiva e potrebbe tornare a esserlo se lo scontro con l'Ue sui dossier finanziari (vedi Mps e Mediaset) si facesse al calor bianco).

C'è poi da disinnescare il referendum sul Jobs Act e sui voucher e anche in quel caso le opposizioni «responsabili» potrebbero dare una mano. Allo stesso tempo, interventi finalizzati alla riduzione del numero di disoccupati e alla spesa per il welfare (in modo da prosciugare il serbatoio di voti grillino) potrebbero garantirgli l'appoggio per le sinistre. Una «politica dei due forni» è nelle cose più che nelle intenzioni.

Non è detto, tuttavia, che la storia si ripeta identica a se stessa. Il pretesto per riportare l'Italia al voto entro l'estate (magari con modifiche minime al Consultellum) può sempre essere trovato. Lo stesso Gentiloni si è espresso in questo senso nella conferenza stampa di fine anno, anche se un tale orientamento potrebbe irritare il presidente della Repubblica Mattarella di cui il premier si è sempre mostrato ossequioso.

Non va, infine, trascurato che tra gli elementi che potrebbero prolungare la legislatura fino alla scadenza naturale grazie a un afflato bipartisan bisogna includere la nomenklatura di Stato, desiderosa di prolungare il più a lungo possibile la propria libertà dal giogo renziano.

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