Cronache

Terrorismo, sgominata cellula in Abruzzo: finisce in manette un imam di Teramo

Arrestati otto tunisini e due italiani: finanziavano gli estremisti di Al Nusra

Terrorismo, sgominata cellula in Abruzzo: finisce in manette un imam di Teramo

«Loro uccidono i nostri figli, noi uccidiamo i loro», commentavano così gli attentati di Parigi. «Che botta però a Parigi!», dicevano senza scomporsi per la carneficina del 2015.

Vivevano in Abruzzo, ma lavoravano per alimentare l'estremismo islamico creando fondi neri da fare arrivare in Turchia e in Siria, attraverso una serie di passaggi intermedi in Europa. Il denaro si presume fosse destinato a finanziare l'attività dell'organizzazione radicale islamica «Al-Nusra». Sono di tipo tributario i reati contestati nell'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip dell'Aquila Giuseppe Romano Gargarella, che ieri ha portato all'arresto, tra carcere e domiciliari, di dieci persone, otto tunisine e due italiane. Ma sono le finalità di terrorismo e il contenuto di certe intercettazioni a fare paura in questa operazione condotta dai carabinieri del Ros e dai finanzieri del Gico del capoluogo abruzzese. Tra gli arrestati anche l'Imam della moschea Dar Assalam di Martinsicuro, in provincia di Teramo, titolare di diverse società, e una commercialista di Torino, accusata di averlo aiutato a creare fondi neri eludendo il fisco. Denaro destinato in parte ai combattenti e a favorire il passaggio di aspiranti terroristi nei paesi teatri di guerra, in parte ad altri Imam residenti in Italia, uno dei quali già condannato in via definitiva per associazione con finalità di terrorismo internazionale. Le somme (l'operazione ha portato al sequestro, tra liquidi e immobili, di oltre un milione di euro) venivano accantonate truccando la contabilità di alcune società, intestate a prestanome, operanti nel settore della rifinitura edilizia e nel commercio di tappeti, talvolta stipulando contratti di lavoro falsi, altre volte pagando di più lavoratori assunti. Parte dei soldi era frutto di attività di raccolta all'interno delle moschee dove, come dimostrano i sermoni intercettati dalle microspie, emergeva la visione di un Islam «puro» ed elementi di radicalismo in contrapposizione alle ideologie occidentali. In particolare sarebbe stata la segnalazione di due nordafricani a far scoprire come l'Imam della moschea di Martinsicuro fosse solito avvicinare i giovani musulmani per radicalizzarli proiettandoli di fatto verso conflitti siriani ed iracheni. Uno degli arrestati, in particolare, aveva contatti con «foreign fighters» da inviare in Siria. Come emerge da un'intercettazione del 2 febbraio 2016. Atef Argoubi, uno dei tunisini, dice: «Ieri siamo rimasti un'ora e mezza con Abdelwahab a discutere questa cosa, per esempio, mi ha raccontato che è andato da lui un ragazzo di 19 anni che vuole andare in Siria». L'altro tunisino finito in carcere, Jameleddine Kharroubi, in una diversa conversazione parla della guerra in Iraq e delle influenze occidentali, in particolare americane, e afferma che «il Califfato islamico sarà nel 2023 e la capitale sarà in Arabia Saudita». «Chi lo sosterrà andrà avanti, chi sarà contro sarà messo in ginocchio», dice. Sempre lui è intercettato mentre parlando con tal Chokri della chiusura di una moschea, afferma: «Che Dio benedica l'anima di Osama Bin Laden». Per poi elogiare l'Imam della moschea milanese di viale Jenner, condannato nel 2007 per associazione per delinquere aggravata da finalità di terrorismo.

«In Siria ci sono vari gruppi e non bisogna unirsi a quello sbagliato», si sente in un'altra conversazione tra gli indagati. «I migliori - continuano - sono Al-Nusra e Fateh al Islam che sono appoggiati da Stati come Qatar e Arabia Saudita.

Ci sono altri gruppi che non si sanno comportare, Al Nusra invece è l'esercito dell'Islam, è un'organizzazione buona!».

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