Test sulle difese e Striscia "mappata". La vera invasione non è ancora partita

L'aumento delle incursioni non coincide con l'avvio dell'attacco finale. Israele vuole valutare le capacità di Hamas, eliminarne i capi, consolidare le teste di ponte dentro Gaza e creare aree sicure per gli ostaggi

Test sulle difese e Striscia "mappata". La vera invasione non è ancora partita
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Sderot Le colonne di fumo nero si alzano a intermittenza dalla Striscia di Gaza martellata dalle forze israeliane. Lungo la superstrada 232, dove il 7 ottobre sono arrivati i terroristi di Hamas sparando all'impazzata su qualsiasi macchina di passaggio, la guerra è dannatamente vicina. Il fumo nero si alterna alle raffiche di mitragliatrice e al rombo dei caccia bombardieri con la stella di Davide. Dalla notte di venerdì le Forze di difesa israeliane (Idf) sono passate alla fase due dell'operazione «Spade di ferro»: l'aumento delle incursioni via terra e via mare, che non significa ancora un'invasione vera e propria. Piuttosto incursioni con i corpi speciali, reparti d'élite e l'appoggio di forze corazzate della 7° brigata. Operazioni incisive, non solo «mordi e fuggi», che hanno una serie di specifici obiettivi. Il primo è testare le difese di Hamas spazzando via quelle più insidiose a cominciare dai nuclei dotati di armi anti carro. Il secondo eliminare quanti più comandanti possibile delle brigate Izz al Din al Qassam per tagliare la testa della piovra, in maniera che i tentacoli delle unità sul terreno perdano forza e non siano più in grado di coordinarsi per contrastare l'attacco israeliano.

Il terzo e forse più importate obiettivo, in previsione dello sviluppo dell'offensiva, è consolidare delle teste di ponte dentro la Striscia e spezzare il territorio nemico in sezioni per separare le forze di Hamas e della Jihad islamica. Oltre a creare in prospettiva aree sicure dove convogliare i civili. L'aumento delle incursioni già delinea le direttrici che divideranno le forze nemiche con l'obiettivo finale dell'annientamento zona per zona. La 7° brigata corazzata preceduta dai genieri guastatori era penetrata per prima a Nord. Le unità della divisione Gaza sono entrate nella parte centrale della Striscia con appoggio ravvicinato di caccia bombardieri e droni in grado di incenerire qualsiasi minaccia anche a soli 150 metri. E a Sud sono sbarcati i corpi speciali della Marina, la leggendaria «Flottiglia 13», che ha base in un castello crociato vicino ad Haifa.

Le immagini dell'operazione rilasciate ai media mostrano un'azione combinata con navi da guerra che lanciano missili sulla base dei commando di Hamas. E lo sbarco dei Navy seals israeliani, che combattono avanzando per ore. Addirittura mettono in piedi un posto di comando in prima linea nella base conquistata ai terroristi. Parte delle forze israeliane si sono ritirate dopo le incursioni, ma continueranno ad attaccare da terra e dal mare e a martellare dal cielo. Solo nella notte fra venerdì e sabato, per appoggiare le operazioni terrestri e navali, sono stati bombardati 150 obiettivi di Hamas. Le incognite però non mancano, prima di passare alla vera invasione che dovrebbe spazzare via i terroristi. Prima di tutto la sorte degli ostaggi. Un veterano che si è beccato tre proiettili di Hamas il 7 ottobre ha ammesso: «È dura anche solo pensarlo, ma dobbiamo combattere e avanzare come se non ci fossero, se no non ce la faremo mai». Il secondo incubo è l'allargamento del conflitto su più fronti: Libano, Siria e missili balistici lanciati dallo Yemen o dall'Iran.

Per non parlare dello scoppio di rivolte palestinesi a Gerusalemme Est e in Cisgiordania. Una guerra su più fronti, che la popolazione ebraica teme, ma vuole andare fino in fondo.

In ogni importante crocevia della Galilea, a ridosso del Libano, si raccolgono volontari, soprattutto giovani ragazze, che sventolano grandi bandiere israeliane e attendono i soldati diretti al fronte. Tè, pasticcini, generi di conforto vengono offerti ai militari con l'invito esplicito, riferito ad Hamas, scritto su un cartellone rosa in inglese: «Finiteli».

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