Economia

Il tetto alle banche e la Brexit: ora l'Europa si ribella a Berlino

Saltano i piani di Schaeuble: niente limite ai titoli di debito sovrano negli istituti di credito Ma il razzismo economico dei tedeschi può portare all'addio di Londra e alla crisi dell'euro

Il tetto alle banche e la Brexit: ora l'Europa si ribella a Berlino

Mario Draghi si è stufato. Non ne può più dei continui attacchi nei suoi confronti e giovedì ha reagito: «La Bce non lavora per la Germania ma per la stabilità dei prezzi nell'Eurozona tutta». Se i tedeschi sono ancora weimarianamente ossessionati dall'inflazione è un problema loro, aggiungiamo noi, non possono stressare i governi degli altri Paesi o la Banca centrale europea. Tanto più che le critiche pesanti delle ultime settimane rivolte dal ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, al presidente della Bce oltre a minare fortemente l'indipendenza della nostra Banca centrale e la sua autonomia dai governi, sancita dallo Statuto, rallenta gli effetti della politica espansiva da essa adottata, con le relative conseguenze sull'economia dell'Eurozona e sulla credibilità di quest'ultima.

Peraltro, l'annosa polemica tedesca non ha stufato solo Draghi, ma anche gli altri Paesi dell'Ue, e si è rivelata un boomerang per chi l'ha innescata. Almeno per ora. L'Eurogruppo e l'Ecofin riuniti ieri e l'altro ieri ad Amsterdam, infatti, hanno ricordato alla Germania le troppe imposizioni dell'Europa a trazione tedesca agli Stati membri. Così come sono stati passati in rassegna i tanti privilegi riconosciuti alla Germania, a scapito di tutti gli altri Paesi, negli anni della crisi. In particolare, con riferimento all'unione bancaria e alla necessità di una garanzia comune europea sui depositi, si è ricordato come, proprio su richiesta-ricatto tedesco, siano state escluse dal perimetro di vigilanza della Bce gli istituti regionali le Landesbanken e le casse di risparmio le Sparkassen dove in Germania si annida la più alta opacità e la più alta compromissorietà tra credito e potere politico locale.

Così come nella direttiva sul bail-in, che noi italiani conosciamo bene e di cui portiamo ancora le ferite, sono state consentite particolarissime eccezioni alle banche le cui insolvenze derivavano da grosse perdite su derivati. E sono proprio gli istituti di credito tedeschi quelli che più ne hanno beneficiato, in quanto pieni di derivati nei loro bilanci. Fino a bloccare, almeno per ora, la richiesta tedesca di porre, per le banche dei paesi dell'eurozona, un tetto quali-quantitativo all'ammontare di titoli del proprio debito sovrano che possono avere in portafoglio.

Come è evidente, la misura è colma. In Europa nessuno sopporta più l'egoismo, l'opportunismo, l'arroganza, la miopia, il razzismo economico e finanziario della Germania, unicamente finalizzato alla sua egemonia. È così che qualche giorno fa, nel pieno della polemica Schäuble-Bce, nello stesso giorno è capitato di trovarci d'accordo contemporaneamente tanto con Draghi quanto con il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann. La coincidenza ci ha fatto riflettere. I due, infatti, sono storicamente su posizioni opposte nel dibattito sulle misure di politica monetaria adottate dalla Bce negli anni della crisi, con Schäuble sulla stessa linea di Weidmann. Ma nelle ultime settimane, accusando Draghi di essere responsabile della vittoria del partito populista Afd in Germania, Schäuble ha proprio esagerato, spingendo Weidmann a «difendere» il suo nemico.

Quel che colpisce è che Weidmann ha «strigliato» il ministro non solo per aver attaccato l'indipendenza della Bce, come ci si sarebbe aspettati, ma è entrato nel merito, punto per punto, delle dichiarazioni di Schäuble. Ebbene, noi stiamo con Weidmann, che sta con Draghi. Oppure: stiamo con Draghi, quindi anche con Weidmann. Perché, con tutti i suoi limiti, negli anni della crisi la Bce è stato l'unico soggetto intelligente, pensante e positivamente operante. Mentre non lo è stato sicuramente la Germania, che ha affrontato la crisi nella maniera peggiore, vale a dire con miopia ideologica e egoismo politico.

Non è Draghi, come vorrebbe farci credere Schäuble, il killer dell'Europa, ma il surplus dell'economia tedesca ed è conosciuto da tutti. Che ha cominciato a essere tale con l'avvento dell'euro, con conseguenze sempre più gravi. In un'unione monetaria, il surplus di uno o più Paesi produce più danni dell'eccesso di deficit di altre economie dell'Unione. Mentre con le monete nazionali, infatti, a un aumento eccessivo del surplus delle esportazioni di un Paese segue sempre la rivalutazione della moneta di quel Paese; con la moneta unica il costo della rivalutazione ricade su tutti i Paesi. Al contrario, un rapporto deficit/Pil eccessivo produce conseguenze tendenzialmente solo per il Paese che lo genera. L'Europa a trazione tedesca non ha volutamente colto, sbagliando, che l'eccesso di virtù (surplus) produce più danni dell'eccesso di deficit. E le misure per fronteggiare la crisi che ne sono derivate non hanno fatto altro che peggiorare la situazione.

Questa è l'origine di tutti i nostri guai, caro Schäuble. Non aver riconosciuto questa semplice verità, e aver applicato acriticamente in Ue la teoria del rigore cieco non ha fatto altro che allargare il divario, favorire la Germania e non risolvere il problema dell'Europa. Non solo, in parallelo con l'adozione di misure di politica economica sbagliate, in Europa si è voluto procedere, sempre sotto pressione tedesca, con sempre più stringenti cessioni di sovranità, che hanno spianato la strada ai populismi. Fino a una possibile Brexit.

Oggi non basta più dire che l'Europa deve tornare a crescere, si deve avere il coraggio di dire che il re è nudo. Il coraggio di dire alla Germania che deve essere lei stessa la prima a rispettare le regole e a dimezzare, se non eliminare, nell'arco del triennio, il suo surplus, che è veleno, economico, politico, e democratico, per tutto il resto d'Europa. La reflazione è l'antibiotico giusto dopo la fase depressiva che in Europa ha distrutto non solo le economie degli Stati, ma anche le coscienze e le democrazie. Quello di cui si lamenta il ministro tedesco, addossando a Draghi e alla Bce colpe che invece sono sue e della sua Germania. E torniamo al razzismo economico e finanziario di Schäuble nei confronti degli altri Paesi dell'eurozona, per il momento sconfitto all'Ecofin e all'Eurogruppo di Amsterdam, ma che certamente riaffiorerà. Razzismo tanto indecente quanto economicamente inspiegabile.

Come si fa a dire che le banche non possono avere, come vorrebbe il ministro tedesco, oltre un certo ammontare di titoli di Stato nazionali in portafoglio, quando il valore di tali titoli, quindi il loro prezzo e il loro rendimento, è dato dal mercato? Forse che, se avesse ragione Schäuble, dovrebbero avere anche una connotazione valutativa aggiuntiva legata al Paese di emissione, per cui i titoli tedeschi, magari nordici, sono migliori, al di là del loro prezzo e rendimento, di quelli degli altri Paesi, perché, ci ripugna dirlo, ariani, con tutto quel che ne consegue? Roba di cui il ministro tedesco e i suoi compagni dovrebbero vergognarsi. E ancora, su Schäuble, perché lui imputa i bassi tassi di interesse alla Bce quando è chiaro e noto a tutti che essi sono, insieme con la non trasmissione della politica monetaria all'economia reale, conseguenza della bassa crescita dell'Eurozona, figlia delle misure sbagliate «sangue, sudore e lacrime» volute dalla Germania negli anni della crisi?

È l'ora della verità. È stato l'egemonismo, il razzismo economico e finanziario della Germania a produrre il prolungamento della crisi, la reazione populista e il pericolo della fine dell'Europa con la Brexit. Sarebbe bene prenderne atto, vero Renzi? Agendo di conseguenza. Non è più il tempo degli scambi del tipo «io non ti disturbo più di tanto, cara Angela, se tu mi concedi tutto il deficit che mi serve per comprarmi il consenso in Patria». Se il nostro presidente del Consiglio è in grado di reagire, batta un colpo per salvare l'Europa.

Non c'è più tempo da perdere.

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