Un tirante che appare «tranciato di netto» e all'interno mostra cavi con un altissimo grado di ammaloramento. Potrebbe essere il tassello «chiave», quello individuato tra le macerie del Ponte Morandi in queste ore dai periti, che si occupano dell'inchiesta sul disastro di Genova del 14 agosto scorso.
Gli esperti e i consulenti del Gip hanno etichettato il tirante come «reperto 132» e lo ritengono un pezzo nevralgico per giungere alla verità sul cedimento. I periti sono convinti, infatti, che la corrosione degli stralli (i tiranti con anima in acciaio e guaina in calcestruzzo) avrebbe avuto un ruolo importante nel crollo del viadotto. Questi sostenevano la struttura e avrebbero dovuto essere ristrutturati nell'ambito del progetto di retrofitting del Morandi. Ma la manutenzione carente o poco attenta ha portato alla inevitabile tragedia.
La scoperta del tirante, che apparteneva a quelli esposti sul lato mare del viadotto, è stata fatta durante l'incidente probatorio: in base ai primi accertamenti si sarebbe letteralmente «strappato» dalla sommità del sostegno, provocando il collasso dell'intera struttura. All'interno è stato scoperto, appunto, «un avanzato stato di corrosione» dei cavi, messo nero su bianco in una relazione per i pubblici ministeri Walter Cotugno e Massimo Terrile, titolari dell'inchiesta sulla tragedia. Ora il «reperto» 132 si trova sotto sequestro dentro un hangar, pronto a partire per Zurigo, dove verranno eseguite ulteriori perizie da parte di Bernhard Elsenser, professore associato di Tecnologia dei materiali esperto in corrosione dei metalli, scelto dal gip insieme a Giampaolo Rosati, ordinario di Tecnica delle costruzioni al Politecnico di Milano, e Massimo Los, ordinario di Costruzioni stradali all'università di Pisa.
«Questo reperto è uno dei più grossi - ha spiegato ieri il procuratore capo Francesco Cozzi - e potrebbe essere fondamentale per permetterci di risalire alle cause del disastro». Difensori e consulenti di alcuni degli indagati si erano opposti inutilmente al trasferimento, preoccupati per la difficoltà di seguire in loco gli accertamenti tecnici.
Sul fronte delle indagini della Guardia di Finanza di Genova, coordinate dai colonnelli Ivan Bixio e Giampaolo Lo Turco, sono una quarantina i nuovi nomi finiti nella lista di persone informate sui fatti, che erano già una sessantina.
Ventuno sono invece gli indagati, tra i quali tecnici e dirigenti che avrebbero dovuto occuparsi della manutenzione del ponte. E non lo hanno fatto. A oggi, però, sono già 10 le imprese liguri danneggiate che hanno ottenuto il via libera alla delibera bancaria per l'accesso al Fondo di garanzia attivato dalla finanziaria della Regione Liguria.
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