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A Torino i candidati (tutti maschi) litigano sui 2 euro alle primarie

L'obolo da versare spacca la sinistra. "Rendiamolo volontario"; "No, anche la democrazia ha un costo"

A Torino i candidati (tutti maschi) litigano sui 2 euro alle primarie

Torino In casa del centrosinistra torinese, ogni scusa è buona per litigare.

L'ultima diatriba è scoppiata sulla richiesta di pagamento di due euro a chi - sabato 12 e domenica 13 giugno - si recherà a votare alle primarie per scegliere il candidato sindaco della coalizione a Torino.

Il nodo da sciogliere verte sulla possibilità di rendere questi due euro un'offerta e non un obbligo. A sollevare per primo la questione è stato Enzo Lavolta, vicepresidente del Consiglio comunale torinese. A lui quell'obolo dà fastidio quasi quanto una nuova tassa sulla casa. «Alle primarie - ha detto - serve la massima apertura e non deve esserci nessuna barriera alla partecipazione. Per questo chiediamo di rendere volontari i due euro per votare». A ribattere è il radicale Igor Boni che non è d'accordo con il rivale alle primarie: «In 30 anni di politica per strada - ha ricordato -, ho imparato che l'autofinanziamento delle iniziative è la chiave per essere diversi. Non sono d'accordo con la proposta di rendere facoltativi i due euro. Organizzare le primarie, momento di democrazia, costa - ha ricordato Boni - e rapportarsi con i fondi è una delle prime qualità di chi vuole fare l'amministratore pubblico».

Così Enzo Lavolta è nuovamente sotto i riflettori, dopo che, un mese fa, i Verdi-Europa si erano detti pronti a candidarlo per le primarie. Una mossa azzardata, che ha creato non pochi imbarazzi nel Pd, visto che Lavolta è un dirigente del Partito Democratico e negli statuti del partito non è previsto che un proprio esponente corra per un'altra formazione. Dove infatti è rimasto come candidato alle primarie.

Le primarie del centrosinistra sono state a lungo in bilico e l'indecisione sul fare o non fare la consultazione era dettata dall'emergenza sanitaria ma soprattutto dall'ipotesi circolata nei mesi scorsi, di un candidato unitario concordato insieme al Movimento 5 Stelle, dopo che l'attuale sindaco - Chiara Appendino, da sempre pupilla di Beppe Grillo - ha fatto un passo indietro. Certo è che è stata proprio lei - forse per trovare già una nuova collocazione dopo aver governato la città tra i molti guai giudiziari - la più forte sostenitrice di una alleanza giallorossa, tanto da proporre un matrimonio tra Pd e Movimento 5 Stelle da trasformare in un «laboratorio nazionale». E si è arrabbiata molto quando il suo progetto è stato bocciato, rigettando il contentino di un aiuto ai ballottaggi. Una porta in faccia sbattuta senza possibilità di replica, almeno a parole.

Il centrosinistra per queste primarie, pare proprio avere una certa intolleranza verso il mondo femminile, visto come hanno calpestato un tema molto caro alla sinistra: a Torino, come a Roma, senza l'obbligo delle quote rosa le donne sono sparite dalla scena politica.

Così, dopo il passo indietro della dem Gianna Pentenero, le primarie del centrosinistra torinese, sono restate un affare tra uomini.

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