La procura generale di Tripoli ha emesso 205 mandati d'arresto per colpire il traffico degli esseri umani in partenza dalla Libia verso le nostre coste. L'operazione è stata resa possibile grazie a una stretta collaborazione delle autorità del Paese del Nord Africa con la magistratura italiana, il ministero dell'Interno e la nostra intelligence.
«Abbiamo emesso 205 mandati di arresto per le persone (coinvolte) nell'organizzazione dell'immigrazione clandestina, traffico di esseri umani oltre a torture, omicidi e stupri» nei confronti dei migranti, ha dichiarato Seddik al-Sour, il direttore dell'ufficio investigativo del procuratore generale. Lo stesso Al Sour ha partecipato a diverse riunioni all'ambasciata italiana e si è recato a Roma per approfondire l'inchiesta.
L'alto funzionario ha confermato che le indagini sono state effettuate in stretto coordinamento con la procura italiana. Nella tratta risultano coinvolti tra gli altri membri delle forze di sicurezza, ufficiali dei campi di detenzione dei migranti e anche funzionari di ambasciate africane in Libia, che favoriscono l'arrivo dei migranti. Spesso i migranti detenuti vengono infatti rivenduti ai trafficanti oppure tornano in libertà grazie ad una mazzetta versata ai responsabili del campo.
Proprio per il coinvolgimento delle sedi diplomatiche, lo scorso anno, era stato arrestato un intermediario eritreo fra trafficanti e migranti. L'uomo utilizzava come «ufficio» la caffetteria della sua ambasciata a Tripoli, dove vendeva i passaggi via mare verso le coste italiane.
Non è escluso, secondo una fonte libica del Giornale, che fra le persone interessate dai mandati d'arresto ci siano anche i nomi dei tre trafficanti immortalati dalla famosa foto scattata nel 2016 da un agente sotto copertura della polizia italiana a bordo della nave Vos Hestia di Save the children, al largo della Libia. In quell'occasione gli scafisti, arrivati sotto bordo in gommone, avvisavano in arabo il personale della Ong a bordo della nave di tenersi pronti perché «sta arrivando gente», riferendosi ovviamente ai barconi dei migranti. L'inchiesta è stata avviata dalla procura di Trapani e i tre personaggi sono legati al clan Dabbashi di Sabrata, città della Libia nord-occidentale. Roma e Tripoli hanno concordato a dicembre scorso la creazione di un'unità comune per combattere i contrabbandieri e i trafficanti di esseri umani nei settori dell'intelligence, della guardia costiera e giudiziaria. All'inchiesta della procura generale libica avrebbe collaborato anche la missione per la Libia delle Nazioni Unite, oltre alle autorità maltesi e tunisine.
Nell'ambito delle indagini i libici, in coordinamento con gli italiani, avrebbero scoperto un legame diretto tra i trafficanti di uomini e i miliziani dello Stato islamico.
Secondo Al Sour, infatti, i terroristi utilizzano le reti dei migranti per spostarsi da un Paese all'altro e trovare rifugio, oppure cure mediche, per i feriti dell'organizzazione. Il gruppo jihadista riuscirebbe anche a finanziarsi grazie al «pedaggio» imposto nel sud desertico del Paese al passaggio dei migranti verso la costa del Mediterraneo.www.gliocchidellaguerra.it
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