L'ora del verdetto di Rousseau, anche stavolta, è scattata più o meno all'ora di cena. In un'altra serata campale. E a differenza di quanto è successo in passato, l'esito è stato quello più indigesto per il capo politico Luigi Di Maio e per i vertici. Alla domanda sull'opportunità di osservare una «pausa elettorale» per non presentarsi alle regionali in Emilia Romagna e Calabria ha prevalso il No. Niente standby, come auspicato dai dirigenti grillini. La base ha deciso di presentare le liste del Movimento con il 70,6% di No (come votato anche dall'ex ministro Danilo Toninelli) contro il 29,4% di Sì. Partecipazione in discesa, con soli 27mila 273 voti espressi a fronte di più di 125mila aventi diritto al voto. Di Maio è intervenuto subito con un messaggio su Facebook. «Dobbiamo essere tutti felici del risultato della votazione di oggi», ha esordito. Si è giustificato: «In tanti mi hanno espresso i loro dubbi sulla partecipazione al voto in questo momento storico - proseguendo - per questo abbiamo deciso, anche con Beppe, di lasciare questa decisione a tutti gli iscritti». Ha parlato di «segnale forte da parte dei nostri iscritti». E ha indicato le prossime tappe da seguire: «C'è solo una cosa da fare: mettersi pancia a terra e dare il massimo per queste due Regioni». Ha detto che «sarà in prima linea» in campagna elettorale e ha sottolineato: «Non abbiamo paura, né del risultato delle elezioni, né tantomeno di chiedere l'opinione dei nostri iscritti su Rousseau». E la conclusione: «la settimana prossima individueremo i candidati presidenti».
Il tutto a conclusione di una giornata caratterizzata da polemiche e divisioni. Punto uno. La confusione del quesito presentato agli attivisti: «Vuoi che il MoVimento 5 Stelle osservi una pausa elettorale fino a marzo per preparare gli Stati Generali evitando di partecipare alle elezioni di gennaio in Emilia Romagna e Calabria?». Con un Sì che equivaleva a un No e viceversa. Poi c'è il secondo punto, quello politico. Molti parlamentari erano sul piede di guerra. Già subito dopo l'annuncio del voto su Rousseau deputati e senatori si lamentavano per la mancata condivisione della scelta da parte dei vertici. Ed erano già pronte le liste civiche di «ribelli» nel caso avesse vinto la «desistenza».
Di Maio prima dei risultati ha alternato l'autocritica al tentativo di smorzare ogni polemica. «Credo che le decisioni più importanti vadano prese con gli iscritti», ha spiegato. Nel pomeriggio ha ammesso: «Sicuramente il Movimento è in un momento di difficoltà». Tra le tanti voci critiche nelle due regioni, la più forte è stata quella di Maria Edera Spadoni dall'Emilia Romagna, vicepresidente della Camera. In un messaggio inviato ai colleghi, visionato dall'AdnKronos, Spadoni ha attaccato Di Maio: «Fanc... le percentuali e non dimostrare debolezza e cedere ai ricatti per paura, è il momento di rialzare la testa». Il deputato calabrese Paolo Parentela, dimissionario dal ruolo di coordinatore regionale per la campagna elettorale, in un lungo post su Facebook se l'è presa con Di Maio.
Parentela ha spiegato: «Non capiamo né condividiamo la decisione di indire questo voto su Rousseau, peraltro giustificato con una forzata e vaga responsabilizzazione degli eletti 5 Stelle». E Grillo sarebbe pronto a scendere a Roma, dopo le insistenze di tanti parlamentari, per provare a dettare di nuovo la linea alla sua creatura. Che ieri si è dimostrata inaspettatamente indomabile.
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