Roma - Ancora giorni difficili per Giovanni Tria. Reduce dal rush finale del Def e dalla dolorosa bocciatura sulla cifra più importante che sarà inserita nel Documento di economia e finanza (il deficit al 2,4%) ieri il ministro dell'Economia ha dovuto interrompere a metà la sua missione al Lussemburgo. Ha regolarmente presenziato all'Eurogruppo, ma oggi non parteciperà all'Ecofin. È tornato a Roma in gran fretta per completare la Nota di Aggiornamento al Def, secondo conti ufficiali.
Una versione credibile. Il ministro si è presentato al vertice con i ministri finanziari senza avere fatto i compiti. Non aveva con sé l'attesissimo documento che è stato approvato giovedì scorso e che dovrebbe misurare l'impatto finanziario della legge di Bilancio 2019 e tutte le cifre che interessano i ministri europei e le istituzioni Ue. Senza il Nadef, la sua presenza era inutile. Meglio completare il documento a Roma.
Il rientro era previsto, ha assicurato il vicepremier Luigi Di Maio, secondo il quale Tria dovrà partecipare a vertici con il premier Conte i ministri dell'Interno e degli Esteri proprio per «definire gli ultimi dettagli del Def». Il rientro anticipato è stato in realtà una sorpresa, non c'erano segnali in questo senso al ministero dell'Economia né a Palazzo Chigi. Anche perché gli uffici del governo sanno benissimo che una decisione improvvisa di questo tipo non può che avere ricadute sui mercati. Circostanza che si è regolarmente verificata. Sulla notizia del rientro di Tria gli indici della Borsa hanno azzerato i guadagni mini che avevano messo a segno durante la giornata, i rendimenti dei titoli di Stato sono tutti aumentati e lo spread ha chiuso a 288 punti.
Impossibile per i mercati e per la politica non mettere in relazione il rientro in tutta fretta di Tria con le voci che danno il ministro tentato dalle dimissioni. Voci circolate da giovedì, quando i vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini gli hanno imposto un rapporto deficit Pil al 2,4% e quindi una legge di Bilancio con altri 10 miliardi di rosso rispetto a quanto aveva previsto.
L'atmosfera per Tria in Europa non è delle migliori. Accusato implicitamente di non essere stato in grado di tenere a bada ministri e vicepremier in vena di spese non coperte. Il ministro «ha raccolto la simpatia di tanti ministri», ha assicurato il commissario europeo agli affari economici e monetari, Pierre Moscovici.
Prima di partire per Roma Tria ha incontrato il vice presidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis e lo stesso Moscovici. Faccia a faccia con i «ministri» europei che hanno già di fatto bocciato i conti italiani. La linea di difesa di Tria è nota: «Cercherò di spiegare ai ministri che cosa sta accadendo» e comunque «il debito scende». Spiegazione che non ha convinto i commissari.
L'esecutivo europeo resta in attesa dei documenti ufficiali. Ma le cifre annunciate non rispettano i patti e portano inevitabilmente alla procedura di infrazione. «Noi lavoriamo con Tria sulla base dell'1,6%. Con il 2,4% si può immaginare che il deficit strutturale non sia per niente, per niente orientato nella medesima direzione», ha spiegato Moscovici.
Per questo il rientro anticipato di ieri è stato anche interpretato come l'ultimo tentativo di Tria di convincere il governo a ridimensionare il disavanzo, riducendo il 2,4% perlomeno al 2%. Se non per il 2019, ameno per i due anni successivi. Il Nadef prevedrà infatti un deficit al 2,4 fino al 2021. Particolare che non è piaciuto per niente alle istituzioni europee.
Ma la peggiore minaccia per l'Italia ieri è stata quella del ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire.
Ha chiesto alla Commissione di intervenire sul caso Italia, oltre a invocare un cambio di rotta sulla riforma della governance. Tradotto, le regole dei salvataggi saranno riscritte, senza fare sconti a chi sfida l'Europa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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