Cosa distingue il rivoluzionario dal terrorista? In un salotto o alla radio è difficile notare la differenza, ma in campo aperto si vede che dietro al rivoluzionario c'è un esercito di popolo, mentre dietro al terrorista non c'è nessuno. Il problema è che il terrorista invece è convinto di averlo, l'esercito. Dunque, per rispondere alla domanda, la differenza è che il terrorista vive in un mondo suo, è alienato. Un fesso, per dirla con parole comuni. Noi italiani li abbiamo conosciuti, negli anni settanta, colorati di nero e colorati di rosso. Ma tutti dissociati, poco intelligenti, nel senso proprio di intelligere la realtà.
Quelli colorati di nero sparavano per giocare alla guerra, in cui interpretare valori eroici. Loro non credevano di avere un esercito al seguito, loro credevano di essere l'esercito. Poi venivano bellamente strumentalizzati, ma non se ne accorgevano, per quel piccolo difetto.
Anche quelli colorati di rosso venivano ampiamente strumentalizzati, come tutte le ricostruzioni del caso Moro hanno ormai ampiamente fatto emergere, nei limiti entro cui azioni svolte da apparati segreti possono essere conosciute. È ovvio che non ci sarà mai una prova giudiziaria, ma solo tanti indizi. E anche loro non capirono che venivano usati, dai loro stessi nemici. Non capivano che l'Italia non avrebbe mai potuto avere un governo comunista, figuriamoci poi se rivoluzionario. In questo, bisogna ammetterlo, non furono certo aiutati dai compagni del Pci, che giocavano un po' con la credulità degli elettori. Il fatto era che in base agli accordi di Yalta l'Italia, che aveva perso la guerra, andava al blocco occidentale. Poteva essere una democrazia, certo, ma a patto che a governare fosse sempre e comunque la Dc. Infatti, proprio durante il sequestro di Moro l'onorevole Giorgio Napolitano, esponente della Direzione del Pci, volò in America per la prima visita ufficiale di un dirigente comunista, per andare a rassicurare sul fatto che un eventuale ingresso nel governo non avrebbe alterato gli equilibri. Peccato che gli elettori gli davano il voto sperando che venisse Baffone.
L'altra cosa che non capirono è che non ci sarebbe stata mai nessuna sollevazione popolare. Perché il popolo stava migliorando, non peggiorando, le proprie condizioni. La classe operaia cominciava a mandare i figli all'università, ad andare in villeggiatura (magari per pochi giorni a casa di parenti), a comprarsi la macchina. Insomma, quel popolo non aveva fame, che è l'unico motivo per cui nella storia la gente ha imbracciato i forconi.
Loro non capivano allora. Molti di noi non capiscono oggi. Non capiscono perché, ad ogni giusta e doverosa celebrazione di quelle tragedie, debbano subire una lezione di sociologia e di politica da quei brigatisti, che di sociologia e di politica non capivano niente e questo è stato dimostrato, oltre ogni ragionevole dubbio, come si direbbe alla Tv. Loro spiegano a noi cosa non abbiamo capito di quegli anni. Loro a noi? Noi che studiavamo o lavoravamo, per far parte della società in modo sano e produttivo. Soprattutto, ce lo spiegano senza che mai nessuno dei grandi giornalisti chieda loro cosa avessero che non funzionava nel cervello, anzi elevandoli al rango di criminali. Ma non erano criminali, erano stupidi.
Come ha spiegato bene Carlo Maria Cipolla nel suo famoso saggio Le leggi fondamentali della stupidità umana, il cattivo è colui che fa del male agli altri per trarne un vantaggio per sé, mentre lo stupido è chi fa del male agli altri procurandone anche a se stesso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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