Politica

Troppe faide interne: Ncd a rischio estinzione

Roma Alfano contro Quagliariello. Uno non è riuscito a far crescere il partito. L'altro non è riuscito a diventare ministro. Nel Nuovo centrodestra il redde rationem è iniziato prima del responso elettorale. E non c'entrano nulla i sondaggi che darebbero il partito sotto il 2%. Certo, la campagna elettorale è stata sotto tono perché monopolizzata da Matteo Renzi, dalle divisioni Pd, dal ritorno di Silvio Berlusconi e dall'offensiva dei grillini in tv. Qui la rottura è politica. Dicevamo, Alfano contro Quagliariello. Con il primo, sarebbe l'accusa di Quagliariello, troppo appiattito sulle posizioni dell'esecutivo di Matteo Renzi. «La gente non comprende la nostra permanenza al governo», è il ritornello. Mentre Quagliariello, è il senso dello sfogo dell' entourage alfaniano, avrebbe aver «mal» gestito le alleanze alle Regionali in corso portando il partito in un cono d'ombra con sette simboli diversi e alleanze che «il nostro elettorato non ha compreso». Lo strappo si sarebbe consumato qualche giorno fa ma va oltre il racconto di cui sopra. C'è anche un altro retroscena di non poco conto. C'è, infatti, chi sostiene che la causa dello scontro è da ricercarsi nella poltrona del ministero degli Affari regionali. Poltrona libera dallo scorso febbraio, da quando Maria Carmela Lanzetta ha lasciato il dicastero in polemica con il premier Renzi. Di fatto Quagliariello si è già autocandidato per rivestire l'incarico e, secondo la maggioranza dei parlamentari del Ncd, avrebbe la preparazione e il curriculum adatto per diventare ministro. Ma la decisione passerà al vaglio di Renzi e di Alfano.

Il capo dell'esecutivo ha già fatto sapere che preferisce una quota rosa: «Esce una donna, entra una donna», disse con garbo Renzi a Porta a Porta . Il secondo, Alfano, non si sperticherà per difendere «il nome di Gaetano, ma si atterrà alle decisioni di Renzi». Il caso ha allontanato le due figure di primo ordine del Nuovo centrodestra. Anche perché il professore Quagliariello vuole essere l'ideologo del nuovo contenitore che includerà Flavio Tosi, Raffaele Fitto, e forse Corrado Passera. Nell'attesa di capire come vada a finire il Nuovo Centrodestra si sbriciola nei territori. Due giorni fa il coordinatore cittadino di Milano, Nicolò Mardegan, vicino all'ex ministro Maurizio Lupi, ha lasciato la carica e il partito. Mardegan ha scritto una lettera ad Angelino Alfano. «Carissimo Angelino, il nostro senso di responsabilità si è trasformato in un rapporto di appiattimento verso il Partito democratico e il suo leader». Una lettera che ha scatenato il putiferio a Milano e dintorni inducendo altri 15 dirigenti di peso a sbattere la porta del partito di via in Arcione con la solita accusa: «Angelino non sa cosa fare». Spiega Mardegan: «Io rappresentavo il 70% degli iscritti a Milano. Da mesi gli iscritti mi chiedevano: perché stiamo facendo così?». Il big bang continua. Ed è ormai evidente l'allontanamento di Nunzia De Girolamo. La battagliera De Girolamo è stata accanto a Giovanni Toti e Stefano Caldoro per tutta la campagna, macinando chilometri per rifondare il centrodestra. E martedì, al Teatro Nuovo di Milano, con Marco Reguzzoni farà un appello ai moderati. Iniziativa che ha ricevuto il bene placito di Silvio Berlusconi. Segno che ormai la pasionaria De Girolamo sta per lasciare il partito di Alfano. Una scelta che sarà condivisa anche da altri parlamentari del Ncd. Parlamentari che non digeriscono più «le non scelte di Angelino».

Prima il voto, però.

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