Troppe tasse, la movida adriatica non balla più

nostro inviato a Rimini

Chiuse per troppe tasse. E poi per la concorrenza di chi non segue la legge, con la complicità di chi dovrebbe controllare. Il settore delle discoteche nella riviera adriatica è in forte crisi. E non per casi tipo Cocoricò. Anche quest'anno la stagione estiva è iniziata con altri locali chiusi. In alcuni casi hanno cambiato nome e gestione, in altri hanno lasciato edifici vuoti.

La denuncia arriva da Asso Intrattenimento, organizzazione di Confindustria, particolarmente forte nella costa romagnola e in quella delle Marche. Il vicepresidente Maurizio Girolimetti era socio del Miu di Marotta. Club a suo tempo quotatissimo e ora chiuso per lasicare posto a una nuova gestione. Nuovi proprietari che riprovano a fare impresa in un settore difficilissimo. Ma - spiega lui stesso - non è stata la sola chiusura. La lista, tra fallimenti e stop volontari è lunga. Ci sono il Green Leaves e il Lola di Porto Recanati. Il Babaloo di Porta potenza picena: «Erano locali, storici, affermati anche a livello nazionale». Lista incompleta e per difetto, delle sole Marche. Tenendo fuori l'Emilia Romagna, che ha una presenza di club molto più consistente.

La fine delle discoteche adriatiche non è questione di mode che passano. O meglio, non solo. I vacanzieri preferisconoballare negli stabilimenti balneari che offrono sempre più spesso serate a base di Edm (musica elettronica da ballo) che finiscono all'alba. Come le più classiche notti da discoteca. Con un piccolo particolare: «I sindaci li lasciano fare, ma sono abusivi. Non rispettano nessun requisito di sicurezza».

Un problema non solo di ordine pubblico e fiscale. Ma, dal punto di vista delle discoteche classiche, di concorrenza sleale. «Il motivo principale della chiusura è l'abusivismo -, ribadisce Luciano Zanchi, presidente della Asso Intrattenimento-. Ristoranti bar e bagni si improvvisano gestori di intrattenimento senza le autorizzazioni e facendo pagare il biglietto». Il risultato economico è che «spendono dieci volte meno di noi». Dovrebbe intervenire la forza pubblica? «Da gennaio a ottobre abbiamo presentato settecento esposti segnalando locali che ospitano intrattenimenti abusivi». Ma la risposta è stata insufficiente.

Poi la vecchia questione delle tasse, che danneggiano le discoteche. L'Iva al 22%, l'imposta sull'intrattenimento al 16%, poi la Siae. In tutto c'è un prelievo immediato sugli incassi del 44,5%. Poi le tasse sui redditi. Così diventano attività antieconomiche. Casi come quello del ragazzo morto al Cocoricò, tragedia umana a parte, completano il disastro .

Anche in questo caso la causa sono leggi fuori dalla realtà: «Se potessimo lasciare alla porta ragazzi che portano problemi lo faremmo, ma non possiamo. Facile individuare un ragazzo che fa uso di sostanze stupefacenti. Possibile anche individuare potenziali spacciatori. Noi li lasceremmo fuori, ma la legge non ce lo consente».

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