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Le troppe versioni di Giuseppi tra bugie, voltafaccia e silenzi

Davanti ai pm di Bergamo nega di aver letto il verbale. Ma intervistato dal "Fatto" mostra di conoscerlo bene

Le troppe versioni di Giuseppi tra bugie, voltafaccia e silenzi

L' ha visto. No, non l'ha visto. Sì. No. Forse. Conte contraddice Conte e il giallo sulla mancata istituzione della zona rossa ad Alzano e Nembro si complica. Qualcosa non quadra: il Presidente del consiglio lesse il verbale del Comitato tecnico scientifico che il 3 marzo chiedeva di blindare i due comuni dove il contagio era esploso?

Bene, a quanto sembra, c'è un Conte 1 che ai pm di Bergamo dice di non aver mai avuto fra le mani quel verbale e un Conte 2 che in un'intervista al Fatto aveva sostanzialmente affermato il contrario.

Mistero, sullo sfondo di una diatriba che da mesi provoca scintille fra Milano e Roma, fra Palazzo Lombardia e Palazzo Chigi.

Ora, peró, si scopre qualche dettaglio ulteriore. Il 3 marzo si riunisce il Comitato tecnico scientifico, insomma la task force degli scienziati che aiuta il governo nella comprensione e gestione della terrificante epidemia che in Europa ha colpito per primo il nostro Paese.

La situazione è drammatica: a Bergamo siamo a quota 372 casi di Covid. E il quadro è ancora più fosco a Nembro e Alzano, rispettivamente con 56 e 26 casi. Il Cts - come si viene a sapere scorrendo il verbale pubblicato dall'Eco di Bergamo - suggerisce la blindatura dei due comuni aggrediti dal Corona, anzi per essere più precisi «le opportune misure restrittive». Insomma, la zona rossa.

Poi il testo della seduta viene inviato a Palazzo Chigi. La Lombardia, che ha partecipato in collegamento al meeting del Cts come tutte le altre regioni, non propone nulla, ma il boccino ce l'ha ormai il governo. L'esecutivo peró temporeggia e perde giorni preziosi, anzi determinanti, per contrastare l'avanzata rapidissima dell'infezione.

Solo l'8 marzo, alle 3 del mattino, vengono chiuse 14 province, fra cui Bergamo; il giorno dopo, 9 marzo, scatta il lockdown in tutta Italia.

Ma la domanda da farsi, a questo punto, è un'altra: Conte ha consultato quell'importantissimo documento partorito dal Cts? Siamo così al Conte 1 e al Conte 2: non i due esecutivi da lui guidati, ma le due versioni divergenti, malignamente messe in evidenza da Open di Enrico Mentana.

Il 12 giugno Conte viene sentito dai magistrati di Bergamo che indagano sul mancato contrasto della pandemia e ai pm il capo del governo dice: «Quel verbale non mi è mai arrivato». Possibile? I magistrati, sorpresi come nota il Corriere della sera nel divulgare il testo dell'audizione, insistono, ma Giuseppi conferma: «Quel documento non l'ho mai visto».

Qualcosa stride. In un'intervista al Fatto Quotidiano il 2 aprile, Conte aveva raccontato un'altra verità: «Mi permetta di ricostruire cronologicamente i passaggi. La sera del 3 marzo il Comitato tecnico scientifico propone per la prima volta la possibilità di una nuova zona rossa per i comuni di Alzano Lombardo e Nembro. Ormai vi erano chiari segnali di un contagio diffuso in vari altri comuni lombardi, anche a Bergamo, a Cremona, a Brescia».

Insomma, forse non aveva studiato a memoria le indicazioni del Cts, ma il succo dell'allarme lanciato dagli esperti gli era già chiaro il 2 aprile. Dunque, più di due mesi prima di prendere in contropiede la Procura di Bergamo, spiegando candidamente di ignorare quelle carte.

Particolare peraltro a dir poco sconcertante: è difficile credere che la task force abbia caldeggiato la creazione di una zona rossa alle porte di Bergamo, in un territorio flagellato dal virus, e il capo del governo non ne abbia saputo nulla.

Ci sarebbe stata in questo caso un'inspiegabile falla nella catena di comando e il premier sarebbe stato tenuto all'oscuro di valutazioni della massima rilevanza e urgenza per il destino del Paese.

Fra polemiche e rivelazioni, l'inchiesta di Bergamo va avanti.

Ci sarà modo per chiarire quelle affermazioni che fanno a pugni e mettono in difficoltà il presidente del consiglio.

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