Troppi contrasti: Cisl e Uil mollano la Cgil

Bonanni e Angeletti non andranno in piazza il 25 ottobre contro il Jobs Act. Camusso: «Renzi vago e contraddittorio»

Roma Susanna Camusso non è riuscita a trasformare la battaglia sull'articolo 18 in un catalizzatore anti renziano e la manifestazione del 25 ottobre, nata dalla pace ritrovata tra la Cgil e la Fiom, in una spallata contro il governo di centrosinistra.

Ieri i vertici di Cgil, Cisl è Uil si sono riuniti nella sede del sindacato cattolico per cercare di unire le forze contro il Jobs Act, cioè la delega lavoro che contiene anche la nuova normativa sul contratto a tutele crescenti. Almeno questa era la motivazione della leader Cgil, che avrebbe voluto trascinare le altre due confederazioni alla manifestazione nazionale in difesa dello Statuto dei lavoratori. Ma le cose non sono andate secondo i piani. La segreteria unitaria è terminata dopo un paio di ore con una comunicazione burocratica: Cgil, Cisl e Uil «hanno deciso di proseguire il confronto per l'elaborazione della piattaforma unitaria». Tradotto: ognuno proseguirà per la sua strada e alla fine non se ne farà niente. Perché gli altri due sindacati, anche se sono alle prese con un passaggio di consegne al vertice, che comporterà anche qualche aggiustamento alla linea, non hanno intenzione di seguire la Cgil nell'ennesima stagione di proteste incentrata sull'articolo più famoso dello Statuto dei lavoratori. Al vertice di ieri per la Cisl c'era il segretario uscente Raffaele Bonanni, ma anche Annamaria Furlan, che prenderà il suo posto a giorni, e il segretario confederale Luigi Sbarra. Per la Uil Luigi Angeletti, che a novembre lascerà il posto a Carmelo Barbagallo.

Formalmente le posizioni dei tre sindacati non sono poi così distanti. La Cisl è disponibile a parlare di articolo 18, ma solo se al contempo il governo si farà carico di dare più garanzie ai lavoratori precari. Per la Uil, Angeletti ha ribadito la linea dura. Niente scambio tra articolo 18 ed eliminazione dei contratti, estensione delle tutele del reintegro a tutti i lavoratori. Nei fatti, però, ognuno ha deciso di proseguire da solo. La Cisl farà delle manifestazioni territoriali il 18 ottobre, per chiedere una politica a favore della crescita. Al vertice di ieri Furlan e Bonanni hanno detto chiaramente di apprezzare le aperture del premier Matteo Renzi sul precariato che – anche se il rottamatore non lo ammetterà mai – assomigliano molto a quelle delle confederazione di via Po. La Uil è rimasta in una posizione di attesa, ma non ha mostrato alcun interesse a unirsi a una manifestazione che porta già due marchi pesanti come quelli della Cgil e della Fiom.

Anche se dopo l'intervento di Renzi alla Direzione del Pd sul lavoro le sigle aggiustano il tiro. La Cgil, si legge in una nota, «è da sempre pronta al confronto», il discorso del premier ha «toni diversi dal passato, ma resta vago, indefinito e contraddittorio». La Cisl giudica «interessante» l'apertura di Renzi, mentre la Uil: «Se si toccano le tutele acquisite, proclameremo lo sciopero generale». Il fatto resta che il gioco della Cgil è chiaro al secondo e al terzo sindacato. Il tentativo è di dare una spallata al governo su un totem della sinistra. Strategia poco sindacale e molto politica. «Ma attenzione – spiegava ieri una fonte sindacale – non nel senso che la Cgil si è messa al servizio della minoranza Pd. Semmai è il contrario. È Corso d'Italia che ha dato fuoco alle polveri» contro l'esecutivo. D'altro canto le assonanze tra la corrente di minoranza Pd e la più grande organizzazione del Paese non sono poche. A parte il merito delle argomentazioni contro l'articolo 18 c'è identità anche nel metodo: logorare Renzi. Il «non è una battaglia dai tempi brevi» pronunciato da Camusso domenica a proposito dell'articolo 18 fa il paio con il «calma, il Jobs Act va modificato» del presidente del Pd Matteo Orfini. Il leader della Cgil spera che il premier temporeggi cercando una mediazione con il suo partito.

E in questo tempo si augura che si consolidi l'idea di un presidente del Consiglio che è diventato condizionabile, ha perso l'aura da rottamatore e quindi la ragione stessa del suo successo. Obiettivi identici a quelli del Pd-doc.

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