Roma - Più soldi per la Nato dagli Stati europei, a cominciare proprio dall'Italia. In una lunga intervista concessa all'Ap per i primi 100 giorni da presidente Usa, Donald Trump ha rivelato di aver «scherzato» col primo ministro italiano Paolo Gentiloni proprio sulla redistribuzione dei finanziamenti alla Nato. Battendo cassa per conto del Patto atlantico, finora per tre quarti foraggiato dagli Stati Uniti, e con tutti gli altri Stati che contribuiscono solo per il 25 per cento a coprire le spese della Nato.
«Vede, ieri con il primo ministro italiano stavamo scherzando: Forza, devi pagare, devi pagare. Pagherà», ha spiegato il presidente degli Stati Uniti alla giornalista di Ap, che ha insistito sul punto: «Lo ha detto lui (che pagherà, ndr)? Nel vostro incontro privato?». Al che Trump ha tagliato corto: «Finirà per pagare. Ma nessuno aveva mai fatto questa domanda, nessuno gli aveva mai chiesto di pagare. Quindi (la mia, ndr) è un tipo diverso di presidenza».
In realtà il tema della sproporzione tra il contributo a stelle e strisce alle spese della Nato e quello delle altre nazioni che partecipano al Patto non è del tutto una «novità» imposta da Trump ai partner d'Oltreoceano, anche se certamente il nuovo presidente sta battendo con insistenza questo tasto, indicato come strategico già durante la campagna elettorale.
Già con l'amministrazione Obama, però, gli Usa avevano chiesto all'Europa di aprire i cordoni della borsa e di rimpolpare i budget per la difesa portando il contributo alla Nato ad almeno al 2 per cento del pil, alleggerendo così l'onere per gli Usa e per i contribuenti americani. Obiettivo, quello del 2 per cento, tra l'altro ben lontano dall'essere raggiunto da tutti gli stati Ue membri anche dell'Alleanza atlantica. Solo la Francia e la Grecia sono sopra questa soglia, oltre alla Gran Bretagna che però come noto sta salutando la Ue.
Il tema dunque è molto caro agli statunitensi, e Trump lo sta rilanciando con forza. Già all'inizio di questo mese il suo segretario di Stato, Rex Tillerson, aveva sollevato la questione al vertice Nato di Bruxelles, ricordando nel suo intervento che la priorità è «fare in modo che la Nato abbia tutte le risorse necessarie per compiere la sua missione». E il «modo», come detto, è quel 2 per cento di peso sul pil delle spese per la difesa. Un aumento dei contributi che, aveva già spiegato al vertice il segretario generale della Nato, il norvegese Jens Stoltenberg, non è un inchino agli Usa ma una misura «che i 28 alleati hanno concordato insieme». E però è una bella grana per tutti, a conti fatti. Il vicecancelliere e ministro degli Esteri tedesco Sigmar Gabriel aveva infatti definito «irrealistico» il raddoppio delle spese militari tedesche, che per il limite del 2 per cento dovrebbero passare da 35 a 70 miliardi. E nemmeno al premier Gentiloni, oggetto delle avances contributive di Trump, sfuggirà che per mettersi in regola l'Italia dovrebbe sborsare circa 18 miliardi dollari. Il premier, però, ostenta sicurezza.
E al giornalista che nella conferenza al termine dell'incontro con Trump gli ha chiesto lumi proprio sull'adeguamento del contributo, Gentiloni ha risposto affermativamente: «L'impegno è stato preso nel 2014 e noi siamo abituati a onorare gli impegni».
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