Cronache

Trump riparte in Arizona. E dopo il flop di Tulsa fa saltare la prima testa

Il tycoon cerca il riscatto e inaugura il muro col Messico. A rischio il capo dello staff elettorale

Trump riparte in Arizona. E dopo il flop di Tulsa fa saltare la prima testa

Donald Trump cerca il riscatto dopo la delusione di Tulsa in due stati in bilico fondamentali per la conquista del secondo mandato alla Casa Bianca. Il presidente è ansioso di mettere a tacere le polemiche sull'affluenza al comizio in Oklahoma, decisamente inferiore alle aspettative. Così oggi torna a puntare su uno dei suoi cavalli di battaglia, quello della lotta ai clandestini, e lo farà dall'Arizona, dove si recherà per celebrare il completamento degli oltre 300 chilometri di muro lungo la frontiere meridionale col Messico.

Dopo una tappa a Yuma per un sopralluogo alla barriera, il tycoon andrà a Phoenix, per un discorso ai giovani americani alla Dream City Church. L'Arizona non solo è uno degli «swing states» decisivi per le elezioni presidenziali, ma e' anche uno stato dove i casi di coronavirus sono quasi raddoppiati nelle ultime due settimane (solo ieri sono stati registrati 2.592 nuovi casi), e gli ospedali stanno esaurendo spazio e attrezzature. Giovedì, invece, il Comandante in Capo volerà in un altro stato chiave, il Wisconsin, per tenere un discorso in un cantiere navale. Intanto, alcune fonti vicine al presidente citate dai media americani dipingono un The Donald furioso per quanto accaduto al comizio in Oklahoma, il primo comizio dopo la pausa forzata per il coronavirus che doveva essere un trionfo e lanciare la sua cavalcata verso il 3 novembre. L'immagine dell'arena di Tulsa con molti posti vuoti, invece, è stata un brutto colpo. Nel mirino di Trump è finito il capo della sua campagna elettorale Brad Parscale, che secondo alcuni potrebbe essere addirittura vicino al licenziamento.

La Cnn ha spiegato che pure la figlia del tycoon, Ivanka, e il genero consigliere Jared Kushner, sarebbero molto arrabbiati con Parscale, il quale aveva promesso una folla oceanica, parlando addirittura di un milione di persone che avevano chiesto i biglietti per l'evento. Lui, da parte sua, ha imputato la scarsa affluenza ai media che avevano spaventato le persone con i rischi di contagio e dei manifestanti. Trump è poi tornato a criticare la scelta del voto per posta su cui stanno orientando alcuni stati. «Elezioni 2020 truccate: milioni di schede per corrispondenza saranno stampate da paesi stranieri, e da altri. Sarà lo scandalo dei nostri tempi», ha twittato, postando un'intervista in cui il ministro della giustizia William Barr si dice preoccupato che la fiducia pubblica nell'integrità delle elezioni possa essere minata da vari fattori, tra cui la censura delle voci conservatrici, il rischio di brogli legato al voto per corrispondenza e il pericolo che «un paese straniero possa stampare decine di migliaia di schede contraffatte». In quest'ultimo caso, ha precisato, «sarebbe molto difficile per noi individuare la scheda giusta e quella sbagliata».

E si torna a parlare anche di John Bolton, mentre oggi e' atteso sugli scaffali il suo libro «The Room Where It Happened» in cui spara a zero contro Trump. L'ex consigliere per la sicurezza nazionale in un'intervista al Daily Telegraph avrebbe detto che intende votare per Joe Biden alle prossime presidenziali. «Nel 2016 votai per Trump e non per Hillary Clinton - ha detto - ma ora, avendo visto questo presidente da vicino, non posso farlo di nuovo. La mia preoccupazione è per il paese, e lui non rappresenta la causa repubblicana che voglio sostenere». In realtà è stato poi lo stesso Bolton, tramite la portavoce, a precisare che non voterà per l'attuale inquilino della Casa Bianca, ma neppure per il candidato democratico.

Sulla scheda, invece, metterà il nome di un repubblicano conservatore.

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