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Truppe Usa in Arabia Saudita L'Iran: "Colpiremo l'aggressore"

Inviati militari di supporto, altre sanzioni a Teheran Minaccia dei pasdaran: «Distruggeremo gli invasori»

Truppe Usa in Arabia Saudita L'Iran: "Colpiremo l'aggressore"

Due pantere che si scrutano, si studiano, si annusano. In un gioco di abilità, in cui le parti sperano fino all'ultimo di riuscire a ritirare le unghie prima che le parole seguano azioni a campo aperto. Da un lato gli Usa; dall'altro l'Iran. Dopo che gli Stati Uniti hanno deciso di inviare truppe per sostenere l'Arabia Saudita, rivale dell'Iran, Teheran avverte che il Paese è pronto rispondere agli attacchi. «Perseguiremo qualsiasi aggressore», ha detto il generale maggiore Hossein Salami, comandante delle guardie rivoluzionarie iraniane. Lo ha detto ieri, durante una cerimonia in cui venivano mostrati resti di droni abbattuti. «Non permetteremo mai che una guerra entri nella nostra terra». Salami ha detto che l'Iran è aperto a «qualsiasi scenario».

Chiaramente, bisogna fare un passo indietro. La tensione si è inasprita dopo il ritiro degli Usa dall'accordo sul nucleare, ma si è infiammata dopo gli attacchi con i droni a due impianti petroliferi della compagnia pubblica Aramco in Arabia Saudita. Il sospetto di Usa e Arabia Saudita era ricaduto sull'Iran. Mercoledì, il ministero della Difesa saudita aveva mostrato i resti di droni e missili. L'Iran ha negato il suo coinvolgimento nell'attacco, rivendicato dal movimento Houthi dello Yemen, un gruppo allineato con l'Iran e attualmente in lotta con un'alleanza a guida saudita nella guerra civile dello Yemen. Quanto accaduto il 14 settembre sembrava aver segnato il punto di non ritorno. Ma dopo il danno ad Aramco, gli Stati Uniti avevano scelto una linea prudente e Trump non ha voluto muoversi militarmente contro l'Iran. Uno dei segnali di apparente apertura è stato il rilascio dei visti al presidente iraniano Hassan Ruhani, e al suo ministro degli Esteri Jawad Zarif che dovranno partecipare all'Assemblea Onu a New York. Zarif ha detto che incontrerà i ministri degli Esteri dei firmatari dell'accordo nucleare del 2015 da cui gli Stati Uniti, con Trump, si sono ritirati. Trump, venerdì mattina, aveva definito un gesto di «forza» il fatto di non aver risposto militarmente alla provocazione di Teheran. Sempre venerdì, Mark Esper, il capo del Pentagono e Joseph Dunford, capo degli stati maggiori congiunti, hanno annunciato la decisione degli Stati Uniti di inviare truppe in Arabia Saudita. Esper e Dunford hanno anche fatto notare che il numero dei militari dispiegati sarà contenuto e che si tratta di «supporto difensivo addizionale» richiesto dall'Arabia Saudita. «Come ha chiarito il presidente, gli Stati Uniti non cercano un conflitto con l'Iran».

Sempre venerdì il presidente Trump ha annunciato nuove sanzioni che riguardano la Banca centrale dell'Iran, il National Development Fund of Iran e una società che secondo gli Usa potrebbe essere implicata negli acquisti militari iraniani. La risposta non si è fatta attendere.

«Se qualcuno attraverserà i confini dell'Iran, lo colpiremo», ha detto Hossein Salami, «continueremo fino alla distruzione di qualsiasi aggressore».

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