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Tutte le tessere del potere renziano nel grande risiko delle Forze armate

Dal generale Del Sette sotto inchiesta ai vertici di Guardia di Finanza e Marina: ecco gli uomini del Rottamatore nei posti chiave. Allontanato chi era sgradito

Tutte le tessere del potere renziano nel grande risiko delle Forze armate

Roma - Il comandante generale dell'Arma dei carabinieri Tullio Del Sette è indagato nell'inchiesta sul Consip portata avanti dalla procura di Napoli. Il Giglio magico trema perché il generale è uomo renziano. Come si ricorderà, infatti, era stato capo di gabinetto del ministro della Difesa Roberta Pinotti, la cui «spinta» pare sia stata fondamentale per fargli ricoprire l'attuale ruolo.

Del Sette è solo uno degli alti gradi delle forze armate che fanno parte della rete collegata all'ex premier Matteo Renzi e che, in qualche modo, sono passati tutti da Firenze. Lo stesso Del Sette è stato comandante provinciale dei carabinieri nel capoluogo toscano e a Pisa. Su un'eventuale proroga al comando del generale si sarebbe dovuto decidere ieri, ma un giorno prima, guarda caso, esce il suo nome come indagato. Fonti vicine all'Arma spiegano che si tratterebbe di una lotta interna alla successione, che di fatto avverrà a metà gennaio. I papabili per il posto in questione sono il generale Giovanni Nistri, che fu incaricato dal ministro Dario Franceschini come addetto alla ricostruzione di Pompei, poi ritornato all'Arma, il generale Antonio Ricciardi, vice comandante generale, ma che compierà a breve 65 anni e, infine, il generale Ilio Ciceri, ben stimato dalla base. Vicini a Renzi, dicevamo, ci sono altri alti gradi.

È nota l'amicizia tra l'ex premier e il comandante generale della Guardia di Finanza Giorgio Toschi, che in precedenza era stato vertice regionale a Firenze per quattro anni. Ma anche con l'ex capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio Giuseppe De Giorgi, che come Del Sette non fu riconfermato per la nota storia dell'inchiesta che portò alle dimissioni dell'ex ministro Federica Guidi, poco tempo prima di un'eventuale proroga, l'ex premier aveva ottimi rapporti, visto che il figlio Gabriele è nel direttivo del Pd e vicino all'ex ministro della Difesa Arturo Parisi, il cui portavoce Andrea Armaro, che ricopre lo stesso ruolo per la Pinotti, pare abbia dato un'impronta «inequivocabile» alla comunicazione del comparto.

Anche il generale Carmine Masiello, uomo dell'Esercito ed ex comandante della Folgore è legato all'ex premier di Rignano, visto che ne era addetto militare. C'è poi uno stretto contatto con il generale Claudio Graziano, capo di Stato Maggiore della Difesa, che fu piazzato nel suo attuale ruolo proprio dalla Pinotti, che lo preferì all'ex capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica, generale Pasquale Preziosa, contravvenendo a una regola non scritta di turnazione. Così come l'attuale capo di Stato Maggiore dell'Arma azzurra Enzo Vecciarelli, anche lui voluto dal ministro Pinotti dopo aver ricoperto il ruolo di sottocapo di Stato Maggiore della Difesa.

Un cerchio di generali e ammiragli che hanno contribuito, nel tempo, a cambiare in maniera incisiva l'ambiente militare. Basti guardare il criticatissimo Libro bianco o i tagli al comparto o, ancora, la chiusura pressoché totale della comunicazione a chi «non si allinea». Di contro, il Giglio magico ha saputo ben piazzare chi non è rimasto fedele al suo ambiente. Tanto per fare un esempio, il colonnello Domenico Strada, ex comandante del Ros di Firenze, colui che indagò sugli «affari sporchi di Denis Verdini» e sugli appalti legati alla scuola marescialli del capoluogo toscano, è stato trasferito a insegnare proprio in quella scuola, passando da operativo a docente. Insomma, un potere che non perdona, fin quando non intervengono i magistrati di Napoli, che nelle carte dell'inchiesta inseriscono anche il nome del padre di Renzi, Tiziano, che per i fatti legati alla Chil Post fu assolto dal tribunale di Genova. Insomma, i tempi sono cambiati: i partiti oggi entrano anche nei corpi militari, laddove non dovrebbero stare. Quando nel 1814 Vittorio Emanuele I fondò l'Arma dei carabinieri scelse quegli uomini «per buona condotta e saviezza d'istinti».

Oggi non sembra essere più così.

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