Uccise Jessica con 85 coltellate Il tranviere finisce all'ergastolo

Garlaschi aveva ospitato la 19enne in cambio di un aiuto sui lavori domestici. Quelle contraddizioni dopo l'arresto

Uccise Jessica con 85 coltellate Il tranviere finisce all'ergastolo

Milano Stavolta nessuna attenuante. La perizia psichiatrica, consueta scappatoia degli assassini senza motivo, ha provato a chiederla: invano. Così su Alessandro Garlaschi, tranviere milanese, ieri si abbatte l'ergastolo. Neanche il rito abbreviato, ultima chance per limitare i danni, gli risparmia il carcere a vita. Davanti all'orrore di cui si è reso protagonista, per il giudice non c'è altra pena possibile. Un orrore tanto più indigeribile quanto più Garlaschi appare insignificante, privo di emozioni anche mentre la polizia penitenziaria ieri lo riporta in cella: «una nullità», «un omuncolo», lo definisce il padre della ragazza che ha ucciso.

Jessica Faoro aveva diciannove anni: alle spalle un figlio, un aborto, un fidanzato violento. E, ancora più indietro, una famiglia inesistente, un vissuto di comunità e di fughe, l'irrequietezza a divorarla come una malattia. Ma era anche solare, vogliosa di vivere e di fidarsi: quasi sempre delle persone sbagliate. Fino a Garlaschi: l'ultimo, il peggiore. Sposato con una donna succube. E sfigato al punto di reclutare ragazze cui offrire un posto letto in cambio di lavoretti domestici, per poi assillarle, tra prepotenze e finzioni d'amore.

Anche con Jessica il copione si era ripetuto, identico. Lei aveva avuto l'istinto di fuggire, di chiedere aiuto; ma poi aveva prevalso un altro istinto, quello di restare, di accontentarsi, di non ricominciare la vita girovaga. Una notte chiama i carabinieri, «ho paura, vuole farmi fare giochi erotici», ma quando loro arrivano fa retromarcia, non lo denuncia. Sette giorni dopo, il 7 febbraio, lui la uccide. I medici conteranno sul piccolo corpo ottantacinque coltellate.

Non c'è una logica, non c'è un perché: se non quel virus senza rimedio che circola e infetta, e che rende gli uomini incapaci di accettare un rifiuto. Garlaschi infierisce su Jessica quando è ormai morta, e non serve uno psichiatra per capire quanta frustrazione e sete di vendetta servano per martoriare in quel modo un corpo senza vita. Per sei ore rimane con lei, nella casa: cerca maldestramente di distruggere il corpo, poi di infilarlo in un borsone. All'alba si rassegna e chiama il 118: «È completamente morta. È morta». «Ma l'ha colpita lei?». «Sì, per dif... le ho tolto il coltello, l'ho colpita».

È il primo assaggio della linea difensiva che il tranviere ha elaborato in quelle ore, e che cercherà di rifilare anche ai poliziotti arrivati in via Brioschi: Jessica che lo aggredisce, lui che si difende, poi perde la testa. La versione è così grottesca che Garlaschi stesso la abbandona, rifugiandosi nel silenzio. «Non mi ricordo niente», dice al pm che cerca di interrogarlo.

«Troppe persone hanno visto e non hanno fatto nulla», ha detto in aula l'avvocato dell'assassino: riprendendo in qualche modo il tema sollevato dalle amiche di Jessica nei presìdi davanti al tribunale, «lo Stato l'ha abbandonata». Ma, almeno in questo caso, leggendo le carte del processo, sembra difficile indicare o immaginare un passaggio in cui si sarebbe potuta arginare l'inquietudine di Jessica, imporle regole di disciplina o almeno di buon senso. Il senso dell'abbandono se lo portava addosso fin da bambina, e guidava i suoi passi. Un abbandono riassunto in modo raggelante dalla frase che suo padre, a margine di un'udienza del processo, affida ai taccuini e alle telecamere: «Non conoscevo mia figlia, e non sto qui a spiegarvi il perché».

Gli eventi spingevano Jessica in una direzione ignota, e lei sembrava alternare ribellione a rassegnazione. Era ancora giovane, il suo carattere poteva irrobustirsi, poteva inciampare finalmente nella persona giusta, trovare da sola o con altri la forza di darsi un senso, una meta. Invece ha incontrato l'annuncio su Facebook del tranviere, ed è caduta nel suo viluppo di manie e di perversione.

La sera prima di venire ammazzata, Jessica ha un appuntamento con un ragazzo della sua età, Garlaschi non si oppone, la lascia andare, ma mette un biglietto sul comodino: «Ciao bimba, sai che tvb. E ci tengo un casino a te».

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