Non più tardi di due anni fa Robert Mugabe disse durante un discorso alla nazione che in caso di morte avrebbe candidato alle presidenziali la propria salma. «Non esiste una legge che lo impedisca, e comunque non l'ho mai promulgata». Da ieri l'ex padre padrone dello Zimbabwe è passato a miglior vita all'età di 95 anni.
Non ha potuto redigere alcuna legge sull'immortalità solo perché il 21 novembre 2017 è stato messo da parte da un colpo di stato «morbido» perpetrato dal suo delfino Emmerson Mnangagwa. Altrimenti forse oggi saremo qui a parlare del culto dell'eternità presidenziale nell'Africa Nera. Del resto nel 1980 Robert Mugabe lasciò intendere durante i festeggiamenti per l'indipendenza che sarebbe stato presidente a vita, anche se per i primi sette anni condivise il potere con Canaan Banana, suo compagno di partito. Mugabe non temeva l'età, soprattutto da quando nel 2011 sconfisse un tumore alla prostata. «Non bevo, non fumo e non vado a donne. Significa che sono immortale e che lo Zimbabwe ha più che mai bisogno di me», disse uscendo dalla clinica di Kuala Lumpur, in Malesia, e pochi giorni dopo ordinò a un fumettista di Harare di ritrarlo nelle vesti di supereroe. Prima ancora di fare il verso ai protagonisti della Marvel, Mugabe è stato «il compagno Bob», il combattente che ha trasformato la Rhodesia dei bianchi ribelli nel «all blacks Zimbabwe» (letteralmente «casa di pietra»). L'ex studente dei gesuiti di strada ne ha percorsa parecchia: dagli anni dell'università in Sudafrica (nello stesso istituto dei leader neri Nelson Mandela a Desmond Tutu), fino al periodo in cui nel Ghana si guadagnava da vivere insegnando. Nel 1960 decise di entrare in politica per combattere il regime minoritario e razzista di quella che allora si chiamava Rhodesia. Nel 1964 venne arrestato, rimanendo per più di dieci anni in prigione senza mai accettare di negoziare, accumulando nel frattempo otto titoli universitari per corrispondenza presso la London University. Liberato nel 1974, fuggì in Mozambico e si dedicò alla lotta armata, con pochi mezzi e l'aiuto di Cina e Corea del Nord, innescando il braccio di ferro armato, con Ian Smith, il colono bianco che tradendo Albione creò per 15 anni uno Stato indipendente a guida bianca, la Rhodesia. Alla fine fu proprio Mugabe a spuntarla, alleandosi con gli inglesi. Furono anni di vacche grasse per il neonato Zimbabwe, considerato il granaio d'Africa per le enormi potenzialità agricole, e sottoposto al più imponente progetto di alfabetizzazione dell'Africa sub-sahariana. Mugabe appariva l'uomo agli antipodi rispetto al Sudafrica razzista, ma al tempo stesso perpetrò il genocidio della minoranza Ndebele, con l'aiuto della quinta brigata nordcoreana. Nel suo libro nero figurano persino massacri di mamme, arse vive con i bambini legati sulla schiena. Negli anni era diventato sempre più brutale, interrompendo i rapporti diplomatici con l'Inghilterra e abbracciando con maggior vigore la causa marxista. Messo alle corde dalle proprie malefatte, nel 2017 venne deposto dai militari. Con lui fu messa da parte anche l'ingombrante seconda moglie Grace (di 42 anni più giovane).
I detrattori sostengono che l'incarico le fosse stato affidato per evitare il continuo sperpero di denaro in abiti, scarpe e gioielli. Se n'è andato non prima di aver lanciato l'ultimo anatema: «l'opposizione non governerà mai questo paese, né mentre sono in vita, né dopo la mia morte. Giuro che il mio fantasma vi perseguiterà per sempre».
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