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Un'altra violenza da star. Dylan accusato a 80 anni

Il cantautore americano avrebbe drogato una dodicenne e abusato di lei 56 anni fa

Un'altra violenza da star. Dylan accusato a 80 anni

Prima o poi, qualcuno (o meglio, qualcuna, magari proprio una fra le tante dirette interessate) scriverà la storia delle «violenze da star». Limitandosi, naturalmente, all'epoca #MeToo, che suona come il nome di un'antica dinastia cinese, ma segna, invece, il passaggio dal silenzio sulle paure proprie alla denuncia delle vergogne altrui. Oppure, al contrario, qualcuno (questa volta un maschio, magari di quelli frustrati e/o maniaci sessuali e/o impotenti) scriverà con la bava alla bocca la storia dei «violentatori celebri». E anche questa volta restringendo molto il campo dell'excursus che immaginiamo compiaciuto e innocentista a prescindere, anzi, addirittura celebrativo, una sorta di libro nero del sesso.

Sta di fatto che in entrambi i libri, che sicuramente andrebbero a ruba, probabilmente il grottesco record di accusato più vecchio, di Matusalemme dello stupro, apparterrebbe a Bob Dylan, raggiunto pochi giorni fa, a 80 anni suonati e cantati il 21 maggio scorso, dall'infamante avviso di non garantita garanzia. Il fatto sarebbe avvenuto (e anche questo ha tutta l'aria di candidarsi a primato mondiale) 56 anni fa, nel 1965. Quando la donna in questione era una bambina di 12 anni.

E qui c'è poco da fare gli spiritosi. La piccola J.C. di allora oggi vive a Greenwich, New York, e non ha dimenticato. La vicenda, ricostruita dal Guardian, è pesantissima, per non dire vomitevole. Prima somministrazione di droga e alcol per azzerare le difese immunitarie della vittima. Poi abusi ripetuti a raffica per sei settimane, anche in una location che sarebbe degna di altri spettacoli e altre frequentazioni: il Chelsea Hotel di Manhattan. J.C. chiede quindi danni non specificati e un processo con giuria (il che lascia pensare che possa esserci il contributo di testimoni) contro Dylan per le accuse, tra l'altro, di aggressione, percosse e inflizione di stress emotivo. Un particolare curioso: la causa è stata intentata proprio nell'ultimo giorno della «finestra temporale» del Child Victims Act dello Stato di New York che si è chiusa sabato scorso, 14 agosto. Un altro particolare, questa volta più che curioso e che chiama in causa la classica ironia della sorte. Chi, l'8 maggio scorso, ha prorogato, cioè ha spalancato, causa Covid, la «finestra temporale» del Child Victims Act? Un signore che si chiama Andrew Cuomo. Sì, proprio lui, il governatore di New York, che si è fatto onore con una semplice firma poco prima di essere a sua volta raggiunto dalle accuse di molestie sessuali che lo hanno a stretto giro di posta indotto a dare le dimissioni (venendo per altro sostituito da una donna).

Un portavoce del menestrello stonato ha prontamente dichiarato «falsa» l'accusa, aggiungendo che l'innocenza dell'anziano folk singer «sarà difesa con vigore». Vedremo se, anche qui, il vigore sarà spropositato, oppure del tutto lecito.

Insomma, è la solita storia, il solito ritornello. La solita musica che abbiamo ancora nelle orecchie. Come nelle orecchie abbiamo alcune canzoni di altri due cantanti, agli antipodi come personaggi, ma entrambi negli ultimi mesi finiti nell'occhio del ciclone. Nel novembre dell'anno scorso toccò a Sting. Il bello, il corretto, il saggio Sting. Anche per lui, una minorenne. Anche per lui, un mucchio di tempo fa, nel 1979. E, anche da lui, una ferma dichiarazione d'innocenza.

E, nel maggio scorso, sul palco degli imputati è salito Marylin Manson, già abbondantemente «maledetto» di suo, se non altro nello stile e nel look. «Maledetto» e recidivo, perché Ashley Walters, sua ex assistente, è stata la terza donna a puntargli contro il dito, dopo le attrici Esmé Bianco e Evan Rachel Wood.

Ne è seguito, come da programma, il satanico sdegno dell'accusato.

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