Urla, battute e un mare di interventi. L'infinita giornata dentro Westminster

In Aula nel giorno che getta il Paese nell'incertezza del non accordo

Urla, battute e un mare di interventi. L'infinita giornata dentro Westminster

Il grande salone d'ingresso sa di umidità e di legno, alte campate e finestre istoriate accolgono chi entra. Il dibattito comincia alle 13 ma sin dal mattino i banchi del pubblico sono pieni di persone. C'è da attendere almeno due, tre ore per accedere alla balconata e assistere alla discussione, informano all'entrata. Che sarà una giornata campale ne è consapevole anche il membro dello staff che fa strada verso le due stanzine dedicate ai media: è un test anche per noi, dice, non abbiamo mai dovuto far fronte a così tanti giornalisti.

Come da programma, allo scoccare delle 13, lo speaker John Bercow annuncia l'inizio del dibattito sulla bozza d'accordo: a beneficio di chi ci segue in questa sala e oltre, dice, è opportuno che io descriva il processo che seguiremo, la voce calda, stentorea che ha contribuito ad accrescere la sua popolarità fra le gente. Poco prima è entrata Theresa May, accolta da qualche applauso dai banchi dei conservatori. Rimane seduta, l'apertura del dibattito è affidata all'accorata difesa di Geoffrey Cox, a capo dell'Avvocatura generale dello stato. Si agita, si accalora, difende la bozza di accordo, gli animi si accendono subito. Interviene Bercow: zen!, la Camera si calmi, siamo ancora all'inizio. Sarà una lunga giornata. Circa 70 deputati hanno chiesto di poter intervenire nel dibattito. In una Camera tornata semivuota parlano a turno di futuro, del Paese da consegnare ai figli, di libertà e libero commercio. Con quel pizzico di levità e sarcasmo che caratterizzano i dibattiti politici inglesi. La telecamera è fissa su un oratore, in secondo piano una collega sbadiglia.

Verso le 18 i ranghi parlamentari sono serrati, ci si avvicina alla fine del dibattito. Corbyn parla alle 18:25, invoca le elezioni così «la gente riavrà il controllo» della situazione, si appropria dello slogan della campagna per un secondo referendum. Si alza Theresa May: dovere, futuro, interesse della nazione. La Camera ribolle, Bercow intima il silenzio, zen!, il primo ministro deve poter essere sentito. May ricorda i punti cardine dell'accordo, difende il lavoro fatto, non esita ad attaccare l'opposizione, esclude un secondo referendum. Il voto più significativo che ognuno di noi avrà nella carriera politica, conclude. Certezza contro incertezza, fiducia nella politica contro sfiducia. Order!, ordine!, urla Bercow.

L'aula si svuota, i parlamentari si dividono tra chi passa dalla stanza dei favorevoli e chi in quella dei contrari. Riprendono posto, si fanno avanti i 4 colleghi chiamati ad annunciare l'esito del voto.

L'attesa è finita, la folla fuori da Westminster esplode in un boato che si ripete alla notizia che Corbyn ha chiesto un voto di sfiducia sul governo. Probabilmente lo perderà ma il Labour dovrebbe poi appoggiare la campagna per un secondo referendum.

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