Usa, i candidati spiati da hacker stranieri Clinton vince ma fatica

Fbi al lavoro per potenziare la sicurezza. Hillary batte Sanders d'un soffio e finisce sotto attacco per le sue contraddizioni

Usa, i candidati spiati da hacker stranieri Clinton vince ma fatica

New York - Non solo presidenti, ministri e membri del Congresso, le attività internazionali di spionaggio cybernetico allargano il proprio raggio di azione anche ai candidati alle primarie in vista del rinnovo della Casa Bianca. I protagonisti - repubblicani tanto quanto democratici - sembrano essere finiti nel mirino di hacker arruolati da governi stranieri ancor prima di veder ufficializzata la nomination per il voto finale dell'8 novembre. A rivelarlo è il direttore della National Intelligence americana, James Clapper, sottolineando che l'Fbi e il Dipartimento per la Sicurezza Nazionale stanno lavorando con lo staff dei candidati per rafforzare la sicurezza. Nel frattempo, i front runner Hillary Clinton e Donald Trump arrivano a meno di cento delegati dal numero magico per conquistare la nomination di partito. In campo democratico, tuttavia, l'ultima tappa delle primarie mostra per l'ennesima volta come la favorita dell'Asinello sia orfana di una larga fetta dell'elettorato e in balia delle sue infinite contraddizioni, riassunte in un video ormai diventato virale sul web.

Martedì si è votato in Oregon e Kentucky, il primo conquistato da Bernie Sanders, il secondo vinto dalla Clinton con solo lo 0,5% di scarto: un risultato che dimostra in maniera quasi definitiva come l'ex first lady non sia in grado di affermarsi leader assoluta nella compagine democratica. Il voto poco cambia a livello di numeri, e con la divisione proporzionale consente alla Clinton di arrivare a quota 2.291 delegati (di cui 524 supedelegati), sempre più vicina ai 2.383 necessari per aggiudicarsi la nomination Dem. Ma rimane comunque una conferma dei molti punti deboli della sua candidatura, che non fa breccia in alcune fasce sociali come i giovani, gli uomini bianchi e la working class.

Dall'altra parte invece il senatore socialdemocratico, corroborato dalla vittoria, continua ad assicurare: «Combatteremo sino all'ultimo voto fino al 14 giugno e faremo la nostra battaglia alla Convention». Sanders spera di potersi ritagliare un ruolo come leader di sinistra nel partito, influenzando l'agenda in senso progressista, e per questo cerca il colpo grosso in California, dove si vota il 7 giugno. A non far dormire l'ex segretario di stato, inoltre, ci si mette un video di 13 minuti postato su YouTube e rilanciato dal Washington Post, che ne mostra trasformismo e retromarce, dai matrimoni gay all'email-gate, dal giudizio su Wall Street all'assistenza sanitaria per tutti. Alcuni osservatori fanno notare che si tratta semplicemente di posizioni mutate nel corso del tempo, ma per tanti altri il filmato, già visionato da circa sette milioni di persone, trasmette la sensazione di una Hillary camaleontica che cambia idea a seconda della convenienza, e sembra inaffidabile perché non sincera. Sull'altra sponda del Potomac, invece, Donald Trump continua la sua corsa solitaria vincendo l'Oregon e arrivando a quota 1.160 delegati, meno di cento di distanza dai 1.237 che servono per la nomination. Il tycoon sfata anche il tabù della dichiarazione dei redditi, depositandola alla commissione elettorale federale e affermando che negli ultimi 12 mesi il suo introito è stato di 557 milioni di dollari mentre la sua fortuna supera i 10 miliardi di dollari. Il re del mattone non smette di regalare sorprese: prima firma la pace con la popolare conduttrice di Fox News, Megyn Kelly, concedendole un'intervista nella quale si mostra conciliante, poi dice di essere pronto a parlare con il leader nordcoreano Kim Jong-un per fermare il programma nucleare di Pyongyang, promettendo un'ennesima svolta nella politica estera americana. E sempre in tema di agenda internazionale, Trump tenta di acquistare credenziali in un incontro con lo storico Segretario di Stato Henry Kissinger.

Da ultimo, lancia l'ennesima stoccata a Hillary solidarizzando con il rivale Sanders «trattato molto male dai democratici». «Il sistema sta manovrando contro di lui», chiosa Trump, convinto che per questo una parte dei suoi sostenitori voterà per lui.

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