A Varsavia storicamente il cuore batte più per l'America che per l'Europa, e certissimamente molto più per la Nato (di cui la Polonia è entrata a far parte nel 1999) che per la Russia. Polonia e Stati Uniti, per ragioni diverse, sono al momento entrambi in rapporti abbastanza tesi con gli alleati europei, e la visita di Donald Trump nella capitale polacca ha un po' il sapore di un approdo in un porto sicuro e amichevole prima dell'impegnativo confronto di Amburgo al G20.
Non sorprende dunque che il presidente degli Stati Uniti abbia scelto Varsavia per enfatizzare quella che sembra essere una sua svolta netta su due temi che avevano preoccupato gli osservatori di fede atlantista: il rapporto con la Russia e quello con la Nato. Trump ha tranquillizzato gli atlantisti e fatto felici i polacchi con affermazioni molto nette: «La Russia è aggressiva e destabilizzante» e «Sosteniamo con forza l'articolo 5», quello della Carta Atlantica che prevede l'intervento militare di tutti gli alleati a sostegno di un partner attaccato dall'esterno.
Trump è andato oltre nel sostenere posizioni molto coerenti con la linea tradizionale di politica estera americana e dei repubblicani in particolare: ha sottolineato il forte legame tra il suo Paese e la Polonia, ribadendo che «i soldati americani difendono la vostra libertà e la vostra sicurezza», tanto che a un certo punto il suo discorso nella storica piazza Krasinski è stato interrotto dalla folla che scandiva il suo nome. E ha chiesto a Putin di smettere di destabilizzare l'Ucraina (dove è atteso in visita il segretario di Stato americano Rex Tillerson) e di «sostenere regimi ostili» come quello di Assad in Siria, invitando invece Mosca a unirsi all'Occidente in una «lotta di civilizzazione contro il terrorismo islamico». Non è neppure mancato un riferimento al «possibile ruolo della Russia e di altri Paesi nel condizionamento delle nostre elezioni», con tanto di frecciata a Barack Obama che non sarebbe intervenuto «perché convinto della vittoria di Hillary Clinton».
Si tratta di affermazioni urticanti per il Cremlino, che ha infatti reagito con fastidio e sconcerto, pur evitando toni troppo duri. A un Trump che ha privilegiato la rassicurazione degli alleati dell'Europa orientale che si sentono minacciati dall'ex padrone russo alla messa delle basi per un rapporto nuovo con Mosca, il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha replicato sostenendo di «non condividere questo approccio» e di «non capire come gli Stati Uniti intendano costruire delle relazioni con noi».
La sensazione è in effetti che Trump ondeggi nel rapporto con la Russia e con gli altri grandi protagonisti della scena mondiale, mostrando in ultima analisi la sua personale impreparazione.
È chiaro, ad esempio, che chiedere alla Russia di abbandonare al suo destino la Siria suona alle orecchie di Putin come una incomprensibile provocazione. Il leader russo dovrà impegnarsi al massimo nell'ormai imminente incontro con l'uomo che doveva incarnare l'inizio di un'era nuova, ma che pare aver cambiato idea.RFab
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