Peggiora di giorno in giorno la situazione in Venezuela, dove il presidente Nicolás Maduro ieri ha ordinato agli sgherri del Sebin, i servizi segreti bolivariani, di prelevare con la forza all'alba il leader dell'opposizione Leopoldo López condannato ad oltre 13 anni di galera senza uno straccio di prova - e l'ex sindaco di Caracas, Antonio Ledezma, il politico sicuramente più amato dal pueblo della capitale sudamericana. Ad entrambi, nelle settimane scorse, erano stati concessi gli arresti domiciliari per motivi umanitari ma, evidentemente, un Maduro sempre più in difficoltà ha ormai deciso di lasciare da parte atti magnanimi una tantum per imboccare la via della dittatura a tutti gli effetti. E, dunque, poco importa delle reazioni del mondo civile che, dagli Stati Uniti all'Unione europea, ieri ha subito condannato con sdegno come «atto brutale» quello ordinato dall'ex delfino di Hugo Rafael Chávez Frías.
Ma ieri è accaduto anche di peggio, con la Guardia Nazionale Bolivariana che ha pensato bene di circondare il Parlamento per picchiare a sangue una decina di deputati tra cui due donne onorevoli, oltre ad attaccare a suon di razzi, colpi di mitraglia e gas lacrimogeni decine di appartamenti abitati da chi domenica scorsa non ha votato per la Costituente cubana ideata da Maduro per «risolvere» l'annoso problema del dissenso.
Ma che sia oramai una dittatura a tutti gli effetti quella chavista lo dimostrano anche altri fatti molto preoccupanti e che vanno ben oltre le cifre di 142 morti, 20mila feriti, 8mila arresti ed oltre 600 prigionieri politici fatti dalla sanguinaria repressione ordinata da Maduro da quando, all'inizio di aprile, la protesta della maggioranza dei venezuelani ha cominciato ad occupare strade e piazze per chiedere un vero cambiamento, politico ed economico. Ovvero, in uno slogan, elezioni subito, più libertà, meno violenza e, soprattutto, cibo e farmaci salvavita per tutti. Da allora, invece la situazione non ha fatto che precipitare e, adesso, come giustificare che tutto quanto sta accadendo in Venezuela sia «l'ennesimo complotto yankee» se sono già oltre una decina i magistrati e giudici che hanno chiesto l'asilo politico nelle ambasciate di paesi democratici come ad esempio il Cile? E non perché al soldo della Cia ma per evitare di finire ammanettati al water della sala torture dell'Elicoide, come accaduto settimana scorsa al giudice Zerpa ed al generale in pensione Vivas, due di cui non si hanno notizie certe da oltre una decina di giorni.
Chissà se i politici ed «intellettuali» della sinistra, italiana e latinoamericana, che ancora oggi si ostinano a difendere Maduro hanno mai avuto il terrore quando all'opposizione di venire arrestati a qualsiasi ora del giorno o della notte da uomini armati sino ai denti e con il volto coperto da passamontagna dei servizi segreti al soldo di un dittatore che, almeno sino ad oggi a Caracas, ha potere di vita e di morte su chiunque la pensi differente da lui?
Invece succede ormai di tutto a Caracas, una capitale in piena crisi umanitaria dove oramai l'80 per cento della popolazione è ridotta allo stremo, con sempre più poveri costretti a rovistare nell'immondizia per mangiare ed ospedali statali dove è finito persino «il cibo per i pazienti e l'acqua per lavarli», spiega una dottoressa di 31 anni con le lacrime agli occhi.
Assaltare il Parlamento ed arrestarne i deputati d'opposizione è il prossimo obiettivo del dittatore Maduro, non ci vorrà molto a meno che non accada un
miracolo, ovvero che sia lo stesso chavismo democratico, negli ultimi giorni in costante crescita, a rovesciare l'ex delfino di Chávez che oggi si è trasformato nel politico di gran lunga più odiato della storia del Venezuela.
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