«Vendichiamo Maometto» E fanno strage di giornalisti

Tre uomini attaccano a colpi di kalashnikov la redazione del giornale satirico «Charlie Hebdo». Le vittime chiamate per nome e giustiziate

«Vendichiamo Maometto» E fanno strage di giornalisti

Cinque minuti. Di sangue, odio, terrore. Cinque minuti che scaraventano Parigi dentro una strage che lascia ammutoliti. Sono le 12.03 quando le agenzie battono il primo lancio che annuncia l'orrore: «Attacco contro la redazione parigina di Charlie Hebdo . Secondo i primi elementi, due uomini incappucciati e vestiti di nero sono penetrati nella sede del giornale satirico francese, noto per il suo stile ironico e provocatorio, prima di aprire il fuoco con dei kalashnikov». È soltanto la sintesi, forzatamente approssimativa, che lascerà spazio, più tardi, al bilancio del massacro: dodici morti e otto feriti. Tutto ciò per mano di un commando di terroristi che, mentre sparavano con cinica determinazione non hanno mai smesso di urlare: «Vendicheremo il Profeta. Allah è grande». E con il passare delle ore la dinamica dell'attacco diventa più nitida nella sua incredibile brutalità. È accaduto tutto poco dopo le 11.30, quando in rue Nicolas Appert, nell' XI arrondissement, arriva una piccola C3 Citroen nera con a bordo tre uomini. In un primo momento l'auto rallenta e si ferma davanti al numero civico sbagliato il 6, anziché il 10, dove ha sede il giornale. Nessun cenno di nervosismo tradisce i killer che, per aprirsi la strada, uccidono, al piano terreno, una prima persona, il poliziotto che era di scorta al direttore del giornale, Charb (Stephane Charbonnier) anche lui assassinato nell'assalto. Due dei killer si dirigono, a quel punto, verso la sede di Charlie Hebdo. Ad incontrarli per prima è la disegnatrice Corinne Rey, detta «Coco», che racconta: «Stavo tornando dall'asilo dove ero andata a prendere mia figlia, quando mi sono trovata davanti due uomini incappucciati e armati che mi hanno costretto a digitare il codice per entrare nella redazione. Volevano essere condotti nella sala dove era in corso la riunione settimanale di redazione. Entrati nella stanza, hanno intimato ai presenti di dire i loro nomi e, una volta identificati, hanno cominciato a sparare, ad ucciderli con fredda determinazione. Non hanno sparato a caso, volevano uccidere proprio quei giornalisti, è stata un'esecuzione. Hanno sparato contro Wolinski, Cabu… è durata cinque minuti. Io ero terrorizzata, mi sono rifugiata sotto una scrivania. Posso solo aggiungere che i killer parlavano perfettamente francese e dicevano di essere di al Qaeda in Yemen». L'attacco, che segue una precisa scansione, mostra tutti segnali di una pianificazione, attuata da terroristi ben addestrati e protetti da giubbotti antiproiettile. «È un vero massacro, ci sono dei morti!», lancia l'allarme con una drammatica telefonata uno dei dipendenti del giornale prima che la linea cada. Intanto giornalisti e dipendenti cercano di fuggire sui tetti per ripararsi dalla pioggia di fuoco e qualcuno di loro, con la forza della disperazione, riuscirà poi persino a filmare dall'alto la fuga dei killer e a postare quel video sul web. Ci sono anche altre drammatiche immagini, in quel video: mostrano i volti tirati e pallidi dei giornalisti mentre si accucciano dietro le grondaie che offrono loro l'unico riparo dal tiro degli assalitori. I terroristi uccidono nella sala riunioni dieci persone e ne feriscono altre otto, di cui cinque in modo grave.. Compiuta la strage ecco che i killer scendono in strada per raggiungere l'auto guidata dal complice, ma c'è un poliziotto sul marciapiede. Gli sparano subito una prima raffica poi, come testimonia un altro video girato dai giornalisti di Charlie Hebdo rifugiatisi sul tetto dell'edificio, gli si avvicinano e lo freddano con un colpo alla testa. Aveva 42 anni, rivelerà poi Le Figaro e si chiamava Ahmed, nome di chiare radici musulmane.

Quindi la rocambolesca fuga, durante la quale i killer incrociano anche un'auto della polizia in una strada adiacente e la crivellano di colpi. Quindi l'investimento di un pedone e poi ancora il cambio dell'auto che permette loro di far perdere le tracce.

Fra le vittime della strage oltre al direttore del giornale Stephan Charbonnier, 47 anni, altri tre colleghi vignettisti del settimanale satirico. Sono Cabu, 77 anni, Tignous e Wolinski, 80 anni. Jean Cabut, detto Cabu, è una delle figure storiche del giornale e già faceva parte della redazione di Hara-Kiri , da cui poi si svilupperà Charlie Hebdo .

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