nostro inviato a Bologna
Candidato sull'orlo di una crisi di nervi. Allo sprint finale, verso il traguardo elettorale di domenica prossima, Stefano Bonaccini, il fidato scudiero di Matteo Renzi, arriva con il fiatone e con tanti, troppi chilometri (oltre ventimila per la precisione) che rischia di aver percorso inutilmente. Sarà lui dicono i sondaggi delle ore più recenti, ad accomodarsi sulla poltrona di governatore dell'Emilia-Romagna, pre-riscaldatagli da Vasco Errani. Ma non sarà un trionfo, non sarà un plebiscito.
Lo ha capito bene Bonaccini, proprio girovagando con il camper in questa sua regione e in queste stesse terre che, un tempo nemmeno troppo lontano consegnavano al Pd un mandato in bianco reso rossissimo da numeri che superavano il 52 per cento dei consensi. Forse è meglio prenderla con ironia, come ha in programma di fare il 28 novembre il suo già sfidante alle primarie Pd, Roberto Balzani, che ha organizzato un incontro «fuori dagli schemi» dal titolo evocativo «L'Ubalda» per riandare con la mente al film cochon con la Fenech e contrastare gli «altri schemi piddini», quelli della Leopolda di Renzi. Fatto sta che qualcuno anzi più d'uno nelle piazze, nei mercati, nelle cooperative dei duecento Comuni, che Bonaccini ha battuto con il suo camper, gli ha preconizzato che quelle percentuali da stravittoria, domenica prossima le avrà soltanto un partito: quello dell'astensionismo. Apre il collo della camicia e allenta la tensione, seduto sulla branda del suo camper il candidato «chilometrico» e non gli resta che ammettere. Ammettere che «sì, mi chiamano già presidente ma io glielo dico, glielo ripeto, che non ho ancora vinto e che per farmi vincere devono andare a votare. Bisogna che vadano a votare. La gente deve crederci ancora, anche se è venuta fuori l'inchiesta sulle spese pazze in Regione che si è portata appresso 41 avvisi di reato. Non è l'origine di questa disaffezione ma certamente non aiuta alla causa del Pd. Ma io giuro - promette - che non tirerò in ballo l'inchiesta per giustificare il non voto, se il non voto vincerà queste elezioni regionali».
Come dargli torto se nel cuore caldo di Bologna c'è una domanda che incontra in sette casi su dieci l'identica risposta: «No, non andrò a votare, non me ne frega nulla di queste elezioni». Sondaggi svolti, tra bolognesi doc, almeno quanto i tortellini di Tamburini, taccuino alla mano, dalle ore 11 alle 18. D'altra parte basta guardarsi intorno per cogliere i segni della disaffezione e del disinteresse in cui queste Regionali si tengono: in piazza Maggiore si stanno montando i gazebo per una manifestazione di protesta della Cgil e l'unico volantino che viene distribuito riguarda questo avvenimento. Per il resto il nulla che galleggia nel nulla, anche se questa sera Matteo Renzi sarà qui, al Pala Dozza per sostenere con tutto il suo carisma (per la verità in picchiata) Stefano Bonaccini.
Meno male che a riscaldare i cuori ci pensa Lucio Dalla che alle 18 in punto, ogni sera, qui in via D'Azeglio, dove abitava, torna a cantare.
Una canzone diversa, ogni sera diffusa, attraverso gli altoparlanti, dai suoi concittadini che non lo hanno mai dimenticato. E così, mentre scrivo queste righe, ascolto la sua Rimini . Un invito, l'invito più schietto, ad andare al mare e fregarsene di tutto e di tutti?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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