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Vince la politica senza strategia

Vince la politica senza strategia

Una primavera ogni tre è dedicata, tra l'altro, alle nomine nelle spa controllate dallo Stato. Questa è di una di quelle. Su Eni, Enel, Terna, Leonardo (ex Finmeccanica) e Poste - tutte quotate in Borsa - il valzer delle poltrone riguarda una quarantina di poltrone. Ma a parte i membri dei cda e i presidenti, quelli che contano realmente sono gli amministratori delegati. E in queste ore abbiamo assistito a indiscrezioni e conferme su clamorose bocciature e nuovi arrivi. Ma qual'è la logica che ha guidato la tornata di nomine in corso? Di sicuro non stiamo assistendo a quello che dovrebbe essere il comportamento più virtuoso e trasparente: un governo che controlla imprese industriali o finanziarie quotate dovrebbe avere precisi obiettivi strategici per ciascuna di esse, dichiararli al mercato (e agli elettori, che sono i suoi «azionisti») e procedere dunque alla scelta della guida operativa coerentemente con tali «strategie di Stato». Ebbene non ci pare proprio di vedere questa trasparenza. Il che, in definitiva, alimenta i dubbi più liberali sulla opportunità di avere aziende di Stato.

Quello che invece stiamo vedendo è una prova di forza politica del partito renziano (che rappresenta la maggioranza della maggioranza di governo), a cui vanno attribuite le grandi scelte sotto ai nostri occhi. Alcune con un senso anche economico. Altre no. Per esempio, se Francesco Caio lascerà le Poste, la rimozione sarà stata più dettata dal desiderio di mettere al suo posto un fedele renziano, Matteo Del Fante, che non per tutelare gli azionisti della società. Infatti il mercato, tramite investitori e analisti, ha mostrato di apprezzare assai l'opera di Caio in questi giorni. La sua cacciata risponderebbe anche a una logica di potere: è a causa della sua indisponibilità a schierare le Poste in operazioni di sistema, come è accaduto con la mancata acquisizione di Pioneer. E si torna al punto iniziale: se le strategie delle singole società venissero chiarite ex ante, la scelta dei manager risulterebbe più coerente. E forse Caio non sarebbe mai andato alle Poste. Dopodiché le scelte conseguenti hanno una loro logica tecnica: Del Fante non è solo renziano, è anche l'uomo che - prima dell'esperienza a Terna - era il direttore generale della Cdp, dove seguiva il risparmio postale e le operazioni finanziarie. Quindi è perfetto per guidare le Poste. Così come sono calibrati i profili di Luigi Ferraris, Alberto Irace o Valerio Camerano, in lizza per Terna, tutti elettrici e competenti di reti. Peccato che la scelta dipenda solo dagli equilibri interni alla galassia renziana.

Ma dove la tendenza a non seguire né una strategia, né il mercato è esasperata al massimo è il caso di Finmeccanica: l'uscita di Moretti sulle voci della nomina di Alessandro Profumo hanno fatto scivolare il titolo in Borsa del 2%. E cosa c'entri il banchiere che ha prima compromesso la solidità di Unicredit rilevando Capitalia e poi fallito il risanamento di Mps con la Finmeccanica, al volo non lo capiamo. Capiamo solo che la sua vicinanza al Pd prima, a Renzi poi deve avere aiutato molto.

Al punto da continuare a essere, anche a 60 anni, un eterno candidato.

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