Dopo l'incognita del caldo, spunta anche quella dell'aria. Non è chiaro infatti quanto le particelle di coronavirus possano sopravvivere e viaggiare nell'ambiente, chiuso o aperto che sia. A sollevare la questione è uno studio del Mit, il Massachusetts institute of Technology, secondo cui le goccioline emesse con un colpo di tosse o con uno starnuto possano andare ben oltre il metro di distanza a cui abbiamo imparato a stare.
E questo significherebbe rivedere le raccomandazioni sulle mascherine e sulle distanze di sicurezza. L'infettivologo David Heymann, presidente di un gruppo di consulenti dell'Oms, intervistano dalla Bbc, ha detto che l'Organizzazione mondiale della sanità valuterà se - per rallentare la diffusione del virus - è necessario «che un maggior numero di persone indossino le mascherine». «Non ci sono al momento evidenze che il nuovo coronavirus circoli nell'aria. Questa via era nota in determinati contesti, come quelli sanitari, ma al momento la letteratura scientifica indica che le principali vie diffusione del virus sono quelle per goccioline e per contatto» chiarisce subito il presidente dell'Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, prima che circolino idee da panico.
Eppure anche secondo l'Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti, il coronavirus viaggia nell'aria anche con il semplice respiro. «Il virus SarsCov2 è stato trovato in campioni d'aria raccolti a oltre 1,8 metri distanza tra due pazienti» scrive l'Accademia Usa in una lettera al capo delle politiche scientifiche della Casa Bianca, inserendosi in un dibattito che va avanti da tempo.
Nei giorni scorsi si era molto parlato di una ricerca pubblicata sul New England Journal of Medicine che oltre ad analizzare la permanenza del virus sulle singole superfici aveva concluso che il virus può resistere in aerosol fino a tre ore, anche se la sua quantità si dimezza dopo un'ora. Questo potrebbe avere implicazioni pratiche perché il virus potrebbe accumularsi in stanze chiuse e affollate (ascensori compresi), dove è difficile il ricambio d'aria. C'è da dire che in questo studio sperimentale, gli aerosol erano stati generati utilizzando un nebulizzatore in condizioni controllate di laboratorio, che quindi non corrisponde a una situazione reale. Il rischio riguarderebbe anche, e soprattutto, gli ospedali: un veicolo di trasmissione potrebbe quindi essere il respiro prodotto dalle macchine e, senza adeguati ricambi di aria, l'ambiente potrebbe infettarsi. Nelle terapie intensive vengono seguiti i protocolli di sicurezza per mantenere igienizzato al massimo l'ambiente in cui si trovano i pazienti e i respiratori. Ma all'esterno diventa fondamentale l'uso (ancora raffazzonato) delle mascherine.
Un po' di ordine dovrebbe arrivare da adesso in avanti: l'Iss ha autorizzato la distribuzione in Lombardia dei 4 milioni di mascherine approvare dal Politecnico ma ancora bloccate fino a ieri.
Il Trentino Alto Adige fa da
sé e riesce a distribuire due mascherine a testa a tutti i trentini, a domicilio. I vigili del fuoco metteranno la busta nella casella della posta di tutti e in tutto saranno donati un milione di dispositivi di sicurezza.
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