Istinto, fortuna, azzardo. Se pensate siano queste le qualità un giocatore di poker, siete indietro di 30 anni. Oggi un PPP (professional poker player) deve seguire un mantra fatto di tre parole: studio, studio e ancora studio. Soprattutto se gioca online, dove le emozioni stanno a zero e il vero avversario da battere è la noia. Eh sì, perché se stai otto ore al giorno di fronte a uno schermo con quindici tavoli aperti e ti tocca prendere una decisione ogni sei secondi, non ti diverti. E ognuna di quelle 4.800 decisioni giornaliere dipende da complicate valutazioni matematiche. Chi non studia perde. Punto. Se poi associate il poker moderno alla fortuna, siete completamente fuori strada. Oggi si chiama Hold em, si gioca con due carte in mano e cinque sul tavolo, assomiglia molto di più agli scacchi che non alla roulette. Lo trovate online, ma anche dal vivo, e qui le cose un po' cambiano, perché istinto ed emozioni fanno ancora parte del gioco.
Ma si può vivere di poker? "Sì può, si può - risponde Andrea, che ha venduto tre anni fa il suo bar a Varese per diventare PPP- Ma online la concorrenza è durissima e dal vivo è fondamentale scegliere i tavoli giusti, altrimenti rischi di beccarti altri otto squali come te, oppure di finire in un circolo dove ti sembra di giocare con gli scemi, ma poi per magia arriva la mano che ti asfalta e cominci a chiederti se è tutto regolare...".
Di solito si comincia con un torneo: paghi un'entrata fissa e, se arrivi tra i primi, vinci una parte del montepremi totale. Per esempio lo scorso ottobre al Casinò di Campione si sono tenute le Italian Series organizzate da PokerStars, leader del settore in Italia che fa giocare online 160mila persone al mese. "Quasi duemila entrate e più di 400mila euro di montepremi - spiega Luca Pagano, responsabile della poker room campionese - E il 4 novembre si rilancia con un montepremi totale da un milione di euro. Costo medio dell'iscrizione, 700 euro".
"Io faccio due, massimo tre tornei all'anno - spiega Andrea - quelli più grossi, dove l'entrata costa tra i 500 e i 2mila euro. Se arrivi tra i primi tre o quattro, rischi di portarti a casa due-trecentomila euro. Ma i soldi si fanno nel gioco cash, dove le fiches non sono pezzi di plastica, come nei tornei, ma soldi veri". "Il settanta per cento dei giocatori alla fine dell'anno perde, un venti per cento resta a galla e il dieci per cento vince a sufficienza per camparci. Io guadagno in media 8-10mila euro al mese, chi gioca più forte (partite dove devi mettere sul tavolo anche 20mila euro) può arricchirsi. Ma se vuoi giocare a questi livelli vai a Las Vegas o a Macao...".
Sveglia a mezzogiorno, palestra, un paio di ore a studiare il gioco, meglio se con un coach (costo orario: tra 80 e 200 euro), cena leggera e poi un'occhiata a cosa offre il mercato. Se sei di Milano o dintorni la scelta è tra i casinò di Campione e Mendrisio o uno dei due grandi circoli alle porte del capoluogo, uno a Corsico, l'altro a Settimo.
"La scelta del tavolo è fondamentale - spiega Andrea - Al gradino più alto siedono i reg, i regolari come me, da evitare il più possibile. Poi ci sono gli wannabe, quelli che pensano di conoscere il gioco ma poi arriva sempre la mano in cui deragliano. Sul terzo gradino i tombini, quelli che possono stare seduti ore senza giocare una mano. Non perdono e non vincono, occupano un posto. E poi i miei tre player preferiti: i gamblers, che vivono il gioco come una sfida, alla lunga sempre sconfitti.
I tiltati, che appena perdono una mano si buttano a capofitto per regalarti le fiches nella successiva. E il sogno di ogni PPP: le whale, le balene. Pieni di soldi e persi per il gioco, la voce più importante nella mia busta paga mensile".