Vogliono dare le nostre case ai profughi

Il prefetto di Treviso avverte i sindaci: "Se non aiutate i migranti, pronti a requisire gli alloggi sfitti ai privati"

Vogliono dare le nostre case ai profughi

Era stata spedita lo scorso luglio nella Marca trevigiana dal ministro dell'Interno, Angelino Alfano, per espugnare una volta per tutte la provincia più ribelle d'Italia ai piani di distribuzione dei profughi del Viminale. E ora che il Ministero ha chiesto ai prefetti di reperire ulteriori 50mila posti per migranti nelle strutture di Comuni e Regioni, quello di Treviso, Laura Lega - cognome che bisticcia con l'ironia della sorte - passa alle maniere forti. «Se continuerete a dire di no, dovremo requisire le case sfitte di proprietà dei privati» fa sapere alla roccaforte leghista che amministra quasi la metà del territorio. La dissidenza dei sindaci finirà in capo alle «famiglie che si troveranno tolta d'imperio la proprietà. E allora sarà una sconfitta dei comuni, non della Prefettura, su un fenomeno che il resto d'Italia governa». Minaccia, avvertimento o provocazione che sia, le parole del prefetto che arrivano nel corso di una riunione convocata con i primi cittadini per discutere di nuove collocazioni, ma disertata per dissenso da una quarantina di amministratori del Carroccio, innescano uno scontro frontale tra il partito di Salvini che governa nella Regione e il ministro dell'Interno, visto che Lega ne è diretta rappresentate territoriale, dice il presidente del Veneto, Luca Zaia. Che si indigna per «toni che ricordano quelli della guerra ai mafiosi, ai delinquenti, alla criminalità organizzata.

Non riesco a digerire l'idea che gli stessi toni una Istituzione li utilizzi nei confronti di cittadini onesti che pagano le tasse» commenta il governatore all'Ansa. E aggiunge: «Sia chiaro che se troverà conferma l'ipotesi di attentare alla proprietà privata noi ci frapporremo fra il Governo e i cittadini. Lo faremo, costi quel che costi». Il braccio di ferro con i disertori ormai è infuocato, ma il casus belli della riunione è solo il culmine di un anno di tensioni, rivolte e proteste tra profughi e residenti scoppiate nelle località dove sono transitate alte concentrazioni di migranti, da Quinto a Eraclea, alimentando il pugno duro del segretario della Liga veneta, Giovanni da Re. Che ora è furioso: «Nel caso la minaccia non sia una battuta - sottolinea - saremo pronti a raccogliere le provocazioni». E se il messaggio che il prefetto ha affidato alla platea di una cinquantina di fasce tricolore poco si presta a interpretazioni canzonatorie, lei assicura che non si tratta di minacce ma solo di «richieste di collaborazione». «Non essere qui - ha detto al tavolo con i sindaci, come riportato ieri dal Corriere del Veneto - significa non prendersi le proprie responsabilità. Io non voglio arrivare a requisire edifici privati. Ma se a maggio chi non è qui continuerà a dire di no, faremo un elenco delle case provate sfitte e lì troveremo spazi per l'accoglienza. Dovreste essere voi - ha ammonito i presenti - a organizzare iniziative contro chi non c'è all'incontro poiché la situazione diventerà sempre più grave e se non si troveranno luoghi adatti, i migranti resteranno per strada». Con conseguenti «problemi di ordine pubblico» scandisce ancora il prefetto.

Gli stessi che secondo il sindaco di Fonte, Massimo Tondi, si creeranno invece quando nel suo comune da 6mila anime, i profughi lieviteranno da 40 a 228, dopo che due cooperative si sono aggiudicate il bando della prefettura per adibire un ex convento a centro di accoglienza. E dove venerdì ci sarà una fiaccolata di protesta. L'ennesima.

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