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Lo "Zar" Vlad senza rivali: sarà corsa solitaria

Confermata l'esclusione dalle presidenziali del suo oppositore Aleksei Navalny

Lo "Zar" Vlad senza rivali: sarà corsa solitaria

La Corte Suprema russa ha deciso: Aleksei Navalny, l'unico vero e serio oppositore che intendeva sfidare il «presidente eterno» Vladimir Putin alle presidenziali del prossimo 18 marzo, non potrà partecipare al voto. Il suo ricorso contro l'esclusione già stabilita all'unanimità dalla Commissione elettorale è stato respinto, e ora a Navalny non restano che una serie di altri ricorsi senza speranza.

In realtà, è Putin che ha deciso: preferisce la corsa solitaria contro un pugno di avversari farlocchi (come il balordo ultranazionalista Zhirinovsky), fuori dalla Storia (è il caso dell'ossimorico imprenditore comunista Pavel Grudinin, che ha sostituito l'eterno perdente Gennady Zjuganov), velleitari (come Ksenia Sobchak, che ora spera di raccogliere qualcosa dei già limitati consensi di Navalny) o marginali (il candidato dei liberali Grigori Yavlinsky o quello social-patriottico Mironov) alla sfida aperta contro un avversario che oltretutto batterebbe senza difficoltà.

A chi si meraviglia di questa scelta (che è una scelta personale di Putin, il quale ha detto pubblicamente che Navalny è un destabilizzatore al soldo dei nemici della Russia e che non doveva correre alle elezioni: e questo prima del pronunciamento della Commissione) sfugge che Putin non ragiona con i nostri criteri politici. Agli occhi del suo elettorato di riferimento (burocrati, militari, operai) affrontare direttamente chi ne contesta il potere autocratico rappresenterebbe una dimostrazione di debolezza. Lo «zar» vende politicamente una stabilità garantita dalla sua figura di uomo forte, che Putin - ormai ben più che sessantenne - cura attentamente anche dal punto di vista estetico. Per questo evita di partecipare a dibattiti politici con i suoi avversari e addirittura non nomina mai Navalny ricorrendo a parafrasi tipo «la persona che avete citato»: non vuol concedere loro di ritenersi al suo stesso livello.

Corsa solitaria, dunque, e vittoria assicurata. Il suo unico avversario, hanno giustamente notato diversi analisti, sarà lui stesso: per mantenere il suo status dovrà ottenere non solo un largo margine sui suoi modesti avversari, ma soprattutto evitare che un alto tasso di astensionismo evidenzi per altra via l'opposizione che ha represso.

Per quello che verosimilmente sarà il suo ultimo mandato (ma nel 2024 avrà 72 anni e nulla è precluso) Putin mira a consolidare in patria un sistema di potere che ha fatto ricco il suo «cerchio magico» mantenendo però il russo medio ben lontano dagli standard di vita di cui godiamo in Occidente (il reddito medio è un terzo circa del nostro). All'esterno, invece, continuerà a proiettare l'immagine di un Paese geopoliticamente ambizioso: dall'Ucraina alla Siria fino al Centroamerica, Mosca gioca un ruolo interventista e protagonista, con ampio sfoggio di quei muscoli che Putin e i suoi sostenitori tanto amano. Con l'Europa non risparmia in queste ore parole zuccherose, ma di fatto non cessa di ricordarci la sua forza militare anche con sgradevoli provocazioni (vedi navi e aerei nel mare del Nord). A Trump propone «cooperazione pragmatica» e un «patto di reciproca non interferenza nelle elezioni e in altri processi politici interni» nel nome della stabilità mondiale.

Ma il presidente Usa, che ha appena deciso di spedire armi all'Ucraina, è ormai lontano dallo stereotipo dell'«amico di Putin».

E forse fa bene a non fidarsi dello «zar»: sembra infatti che non solo navi cinesi ma anche russe abbiano rifornito di nascosto la Nord Corea di petrolio, alla faccia dell'Onu.

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