La polizia dà il foglio di via al governo Prodi

Emanuela Fontana

da Roma

«Ai drogati raddoppiano le canne, a noi le dimezzano». Con questo slogan e altri ancora contro i «terroristi in Parlamento», che hanno creato contestazioni dalla maggioranza, la manifestazione di poliziotti, guardie penitenziarie, forestali e vigili del fuoco «più grande della storia della Repubblica» ha sfilato per le vie di Roma contro la Finanziaria del governo Prodi. Agenti in borghese, qualche bambino, alcuni carabinieri in strada a titolo personale guidati dal generale a riposo Antonio Pappalardo, pompieri in divisa sotto un sole primaverile, con le squadre La Spezia che hanno «smontato stamattina e rientriamo in servizio questa sera, per la carenza di personale...». Almeno 50mila i partecipanti secondo gli organizzatori guidati dal segretario del Sap della polizia Filippo Saltamartini.
La questura non ha smentito. «Ci mancherebbe, è una manifestazione della polizia!», si scherzava in corteo. E per la prima volta anche gli agenti in strada per il servizio d’ordine hanno solidarizzato con i manifestanti-colleghi: «Certo!». «È naturale», ammettevano sia i carabinieri schierati davanti via del Corso sia gli agenti a guardia di via Quattro Novembre.
E se è scontato che i manifestanti di ieri siano maghi della piazza («mantenete distanti gli striscioni!») è pur vero che testa e coda del corteo hanno riempito completamente via Cavour e via dei Fori Imperiali per protestare contro il rischio di chiusura delle questure, contro il pericolo di «finire il carburante» per i vigili del fuoco, e contro quei 5 euro di aumento che sembrano uno scherzo: «Stipendi d’oro a terroristi e picciotti, cinque euro ai poliziotti», si leggeva su un cartello.
Il tragitto era quasi uguale a quello percorso diciotto giorni fa da associazioni e partiti pro-Palestina, nella sfilata delle grida-scandalo contro le vittime di Nassirya. Ma le bandiere a sventolare sotto l’Altare della Patria ieri erano italiane o quelle dei sindacati Sap, Sappe, Sapaf, Conapo e Fasst. E la colonna sonora un quasi ininterrotto Inno di Mameli. Eppure la sfilata è sembrata a tratti una risposta alla sinistra antagonista. A partire dagli inni. Alcuni dei cori più ripetuti sono stati: «Fuori fuori fuori-i terroristi-dal Parlamento», o «Via, via i terroristi dal Viminale, questa scelta è criminale», in riferimento al deputato di Rnp ex Prima Linea Sergio D’Elia e al collaboratore del ministero dell’Interno Roberto Del Bello. Un altro tormentone: «Terroristi deputati, poliziotti disgustati». Tanti gli ospiti politici, da Gianfranco Fini a Pier Ferdinando Casini, in chiusura, da Bobo Maroni (Lega) a Maurizio Gasparri, Gianni Alemanno, Alfredo Mantovano (An). Per Forza Italia il coordinatore Sandro Bondi e l’ex sottosegretario alla Giustizia Iole Santelli.
Sul palco sono intervenuti alcuni parenti di vittime della criminalità. «Fino all’ultimo dei miei giorni - ha dichiarato Lorenzo Conti, figlio del sindaco di Firenze Lando Conti, ucciso dalle Br - protesterò perché non ci sia più nessun terrorista nel governo». Fini, sceso in piazza per «doverosa solidarietà» e perché la gente «è indispettita da un governo che non solo chiede sacrifici inutili, ma disprezza chi scende in piazza», ha appoggiato queste richieste: «Che ci siano ex terroristi all’interno della maggioranza di governo è un fatto noto - ha ricordato -. Il problema è chi li ha portati al Parlamento e chi li ha portati al Viminale». Per Bobo Maroni i possibili tagli alla sicurezza «mettono a rischio la sicurezza dei cittadini, soprattutto dopo l’indulto».
Ma le polemiche su cori e slogan sono arrivate in Parlamento. Riccardo Villari, dell’esecutivo della Margherita, chiede che «il Viminale intervenga». Il capogruppo del Pdci in commissione Difesa della Camera, Severino Galante, ha presentato un’interrogazione al ministro dell’Interno perché «intervenga per individuare i responsabili degli intollerabili slogan».


Sulla questione dei «terroristi parlamentari», ha risposto il segretario del Sap Saltamartini, i deputati «spieghino alle vedove e ai figli dei nostri colleghi» che cosa «significano i casi di indegnità morale previsti dall’articolo 48 della Costituzione».

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