La polizia si traveste da black bloc per smascherare le teste calde

nostro inviato a Vicenza

Non sono «infiltrati» nel senso più provocatorio, e pistarolo, del termine. Se si mischiano ai disobbedienti di Casarini, vestono in nero con kefiah e cappuccio, se vanno addirittura in giro con cani improponibili per sembrare un po’ punkabestia e un po’ anarcoidi, è solo per controllare da vicino i soliti sospetti arrivati da lontano. La polizia ufficiale, quella con casco e manganello in tuta antisommossa, è precauzionalmente relegata lontano, murata nei vicoli, defilata dal corteo. Loro, gli agenti «mimetizzati» della Digos e dei sindacati di polizia Siap e Coisp (intenzionati a tutelare i colleghi fino in tribunale con le riprese video degli eventuali attacchi a sorpresa) spuntano a gruppi di due-tre in ogni parte del serpentone umano con in tasca copie del foglio Socialismo Rivoluzionario e in mano una lattina di birra, mai una canna. Invisibili. Camuffati. Ben truccati. Autentici fantasmi quando alle 13.35 riprendono in diretta sia il lanciatore di una bomba carta sul tetto della questura sia i pasdaran dei centri sociali che solidarizzano con i brigatisti arrestati urlando slogan dallo striscione «fuori i compagni dalle galere, dentro le digos e le camicie nere».
Decine di ferma-immagine catturano, di lì a poco, anche le gesta dei sopravvissuti alla retata dei giorni scorsi nel famigerato «Gramigna» di Padova: i nomi di tre di questi, giust’appunto, compaiono nei brogliacci delle intercettazioni della Digos di Milano. Il resto sono personaggi notissimi agli addetti ai lavori quasi quanto quelli dei Carc - i Comitati di appoggio alla resistenza coinvolti in inchieste sull’eversione rossa - arrivati a Vicenza in soprannumero, e ripresi dai poliziotti-no global mentre sfilano senza nascondersi o confabulano, in separata sede, con colleghi di organizzazioni estremistiche affini. Di fotografie ne vengono scattate con discrezione quando, davanti la questura, si alzano fumogeni e rimbombano due petardi. Due chilometri più avanti dietro al camion dei Disobbedienti una staffetta di poliziotti riscopre prima i soliti noti veneti, milanesi e romani del G8 di Genova (alcuni pure arrestati) eppoi, dallo striscione «libertà per i compagni dai vostri compagni di lotta» si staccano tre graffitari per imbrattare la parete dirimpetto l’istituto tecnico industriale: «Complicità ai compagni arrestati». E giù applausi. Il resto è noia.

Una settantina le persone da identificare con calma, alcune delle quali anche per le scritte ultrà anticelerino con il nuovo acronimo Acab (all cops are bastards) dove la «A» è cerchiata, e accanto alla «C» spunta una «S»: ovvero Centro Sociale Ultras.

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