Poltrona Frau, dalla Real Casa alla Borsa

Un patrimonio di grandi firme, premi e clienti di prestigio

Paolo Stefanato

da Milano

Il «classico», come concetto, richiama canoni di altezza qualitativa, di perfezione, di valori pressoché universali. Una cosa «classica» - diceva un banchiere-intellettuale qual era Franco Cingano - è sempre viva perché è capace di trasmettere vitalità lungo le generazioni, testimoniare della continuità della storia e della civiltà. Bene: la poltrona Frau è un grande classico dell’arredamento, passa da padre a figlio, da nonno a nipote, e continua a esprimere quel senso di solidità e di equilibrio estetico che l’hanno elevata a uno dei simboli della borghesia italiana.
Il marchio Frau ha quasi cent’anni e festeggia la sua modernità quotandosi in Borsa: la prima, l’unica azienda di arredamento che sceglie come propria vetrina anche Piazza Affari, sulla base di un progetto legato all’affermazione del prodotto italiano, allo stile dell’abitare e alle nuove evoluzioni del lusso.
Tutto nacque nel fermento industriale di cui Torino fu teatro negli anni precedenti alla prima guerra mondiale. Renzo Frau era nato a Cagliari nel 1880: undici fratelli, garzone della bottega di un tappezziere nella sua città e poi emigrante in Piemonte, nell’antica capitale. Il suo lavoro fu apprezzato dalla nobiltà e dalla ricca borghesia: entrando nei salotti (nel senso più proprio) egli affinò un nuovo gusto che reinterpretava l’aplomb della sua clientela. E nel 1912 (a 32 anni, dunque) fondò la sua azienda, e i suoi primi clienti furono personaggi come Pinin Farina e Vincenzo Lancia. In testa aveva un’idea precisa: superare il Liberty così in voga al momento, andando oltre la forma decorativa fine a se stessa, nello studio della funzionalità e nella produzione in serie. La poltrona in pelle - sosteneva - dev’essere bella, comoda e, appunto, «senza tempo»: un classico. Cominciarono a collaborare con Frau i grandi disegnatori del momento, e vennero realizzati gli arredi per la prima classe delle grandi navi di allora: la più celebre, il transatlantico Rex.
Renzo morì a 46 anni soltanto, nel 1926, l’anno in cui la sua ditta fu nominata fornitore ufficiale della Real Casa. Gli successe la moglie, Savina Pisati, che «consacrò» i prodotti esponendo i modelli Frau alla Casa degli Architetti di Torino, nel 1928; il figlio Ugo, invece, non riuscì a sostenere l’impegno della continuità e della gestione. L’azienda si ritrovò così in profonde difficoltà finanziarie nel secondo dopoguerra e nel 1963 fu acquisita da uno dei suoi principali fornitori, con cui era fortemente indebitata: la Conceria del Chienti, società che a quel tempo apparteneva al gruppo Nazareno Gabrielli. Franco Moschini, uno dei tre generi di Clara Gabrielli, figlia unica di Nazareno, diventò socio accomandatario della nuova Poltrona Frau, e trasferì la produzione a Tolentino, nelle Marche, proprio nella vallata del Chienti dove aveva sede la Conceria.
Nel 1978 l’azienda diventò una spa, con tre soci paritetici, Moschini e i due cognati. Quando, nel 1990, questi si divideranno, a uno andrà la Conceria, a un altro la Gabrielli e a Moschini - spalleggiato finanziariamente da Bankers Trust - l’80,1% di Poltrona Frau, che poi diventò il 100%.
Il resto è storia recente. L’acquisizione nel 2001 di un altro marchio storico, quello della Thonet di Vienna (nata nel 1853) e poi, nel 2003, l’ingresso come azionista del fondo Charme, i cui esponenti di spicco sono Luca Cordero di Montezemolo e Diego Della Valle, e che raggiungerà in più tappe il 75%. Infine l’acquisto di altre aziende di prestigio, Cassina (2005), Cappellini e Alias. Negli anni il patrimonio immateriale della Frau si è arricchito delle firme dei più famosi disegnatori e architetti mondiali - da Gio Ponti a Marco Zanuso, da Franck O. Gehry a Richard Meier - e i suoi prodotti hanno guadagnato premi e compassi d’oro. Il «nuovo» gruppo - quello che approda a Piazza Affari - è integrato e fortemente caratterizzato nel segmento alto, nel lusso.
«Offriamo tutto l’arredo per le zone giorno e notte, esclusa la cucina, perchè è un altro mestiere - spiega Giuliano Mosconi, in azienda dal 1998 e amministratore delegato dal 2000 -. Noi pensiamo che il mercato avrà un grande sviluppo perché sta crescendo l’interesse per la casa, espressione del “nuovo” lusso, interpretato con tempi più lunghi di quelli imposti da un settore come quello della moda. Con la quale peraltro condividiamo l’obiettivo di imporre stili globali». L’ingresso in Borsa avverrà attraverso un aumento di capitale e la cessione di azioni da parte di due soci: il fondo Charme, che scenderà dal 75% al 52%, e Franco Moschini, dal 23% al 7,4%.

Un quinto dei (presumibili) circa 100 milioni derivanti dall’offerta, andranno nelle casse della società, e con essi «si andrà a ridurre l’indebitamento - spiega Mosconi - che peraltro non è rilevante, specie se si considera che l’acquisizione di Cassina è avvenuta lo scorso anno».

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