Dalla polvere all'altare: la nuova vita dell'alpino

Dalla polvere all'altare: la nuova vita dell'alpino

«E' la vita e non la morte a non avere confini». Quando un grande scrittore come Gabriel Garcìa Marquez stila frasi come queste, pensiamo che il brivido nel leggerle venga dal bagliore della fantasia, invece sorge dalla realtà che si svela: in fondo sappiamo che la realtà è questa, pur non toccandola. Adesso la tocchiamo, osservando il volto felice di Luca e Sarah Barisonzi, che si sono sposati due giorni fa a Erba sul lago di Como.
La voglia di vita del caporalmaggiore dell'Ottavo reggimento degli alpini, ferito in Afghanistan il 18 gennaio 2011 e rimasto in sedia a rotelle, è brillata come una mina di luce fin da quell'incidente, perché Luca Barisonzi mostrò che un alpino continua a combattere, avendo sposato la Patria per uno slancio d'amore: arruolarsi in un'arma non è incanalare una violenza ma indossare la libertà di una piuma d'aquila su un cappello. E l'aquila vola sulle cime. L'altro giorno l'amore di Luca ha incoronato una donna americana, Sarah, una donna che non è «dei paesi tuoi», ma la tragedia ha portato l'alpino italiano verso una speranza universale, tanto da realizzare il suo sogno di coppia insieme a un amore lontano, che vide in fotografia pochi giorni prima di diventare tetraplegico.
Il soldato ha perduto l'uso delle gambe ma non quello del cuore, avendo sempre creduto che: «Quando il cuore e la testa funzionano insieme, tutto si può raggiungere». Sarah non ha mai conosciuto suo marito quando era «normale», ovvero camminava, perché dopo un'appassionata corrispondenza è andata a trovarlo nell'ospedale militare dove era ricoverato, dopo che una tempesta di sabbia e di spari in quel 18 gennaio 2011 lo ferì gravemente e gli portò via il suo amico, il commilitone Luca Sanna. Sanna ha lasciato i suoi giovani anni nella tempesta, Bisonzi non ha lasciato nulla, neppure il giovane entusiasmo d'essere andato in Afghanistan «per aiutare i bambini, perché non abbiano più fame».
Anche l'entusiasmo si è poratto indietro, nonostante la sua esistenza sia cambiata radicalmente. L'entusiasmo: una spinta di volontà e sentimento che gli ha fatto scrivere un libro, «La patria chiamò», Mursia Edizioni, e gli ha fatto pronunciare un «Sì», grazie al quale non si donano solo le gambe come in una battaglia militare, ma si dona il corpo intero, dai capelli all'ombelico ai malleoli, come «Il Cantico dei Cantici» insegna. «Ora combatto per dare a mia moglie tutto l'amore possibile, per poterla accarezzare, per fare l'amore con lei» ha dichiarato Luca.
Ognuno di noi ha una frase a cui è legato, quella di Luca Bisonzi è di Theodore Roosvelt: «Non è chi critica a contare. Non è chi dice che chi agisce avrebbe potuto agire meglio, ma il credito va all'uomo che è davvero nell'arena, il cui viso è sfigurato dalla polvere, dal sudore e dal sangue.

A colui che se vince sperimenta il trionfo dell'alto raggiungimento e, se fallisce, fallisce almeno osando grandemente, in modo che la sua anima non sarà tra quelle fredde e timide che non conoscono vittoria nè sconfitta».

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