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Un precedente del ’90 angosciò il Giappone

Il caso di Natascha Kampusch, ricorda molto da vicino una vicenda avvenuta sei anni fa in Giappone. Una ragazza, che all'epoca aveva nove anni, scomparve nel novembre 1990 e venne ritrovata solo per caso nel gennaio 2000, nove anni e due mesi dopo il suo rapimento.
Per tutto il periodo del suo sequestro la giovane rimase chiusa in una camera al secondo piano della casa di Nobuyuki Sato, un disoccupato di 37 anni, nella prefettura di Niigata, nel nord-ovest del Giappone.
La giovane, la cui identità non è mai stata rivelata, venne liberata per caso da alcuni infermieri che si erano recati a casa del rapitore per portarlo in ospedale per alcuni accertamenti sul suo stato mentale. Sua madre infatti notò qualcosa di strano nel comportamento del figlio anche se, come spiegò alla polizia, non ebbe mai nemmeno il sospetto che la giovane potesse trovarsi in casa di Sato.
Esausta e denutrita, logorata dalla mancanza di esercizio, la giovane, che nei primi giorni del suo lunghissimo sequestro venne picchiata e maltrattata, al momento della liberazione non venne immediatamente riconosciuta da sua madre.


Dopo essere stato arrestato Sato venne ricoverato in una clinica psichiatrica, ma gli esperti affermarono che, nonostante le sue turbe mentali, era pienamente responsabile delle sue azioni.
Durante il processo Sato si dichiarò colpevole e nel luglio 2003 è stato condannato a 14 anni di carcere.

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