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Il premier: «Basta con gli insulti Io sgradito? Via anche i ministri»

Roma«Non possiamo continuare a tollerare questo tipo di insulti incivili. E se sono così sgradito io, c’è da supporre che siano sgraditi anche tutti i ministri del mio governo». La querelle sulla festa nazionale del Pd che si apre oggi a Genova, Silvio Berlusconi la segue passo passo da Arcore, informato prima da Ignazio La Russa e poi dagli altri ministri che erano stati invitati alla kermesse democratica. E anche al Cavaliere - come al titolare della Difesa - quella battuta di Lino Paganelli non piace affatto. «Berlusconi? Non è stato invitato, questa è una festa e non un festino», aveva detto lo storico organizzatore delle feste dell’Unità prima e di quelle del Pd oggi. Parole che avevano suscitato l’indignazione di La Russa, pronto a definire la battuta «oltraggiosa» e a chiedere «un’immediata smentita». Linea condivisa a stretto giro da Franco Frattini, pronto a far sapere che «in assenza di rettifiche» anche il titolare della Farnesina avrebbe disertato la manifestazione.
L’imbarazzo del Pd è palpabile, un po’ perché sulla festa di Genova Dario Franceschini ha investito molto anche in vista del Congresso e un po’ perché - al di là del sense of humour - quella di Paganelli resta più una scivolata che una battuta. Tanto che oggi - nonostante il Pd insista nel dire che «non c’è nulla per cui chiedere scusa» - all’apertura della festa sarà proprio lui a cercare di ricucire spiegando che l’intento era scherzoso e non offensivo.
Il punto, però, è che potrebbe già essere tardi. Perché sono 48 ore che La Russa ha chiesto «scuse ufficiali» mai arrivate e alla fine anche Berlusconi ha perso la pazienza. Da Arcore ha sentito alcuni dei ministri che avevano già accettato l’invito del Pd (Carfagna, Frattini, Matteoli, Meloni, Tremonti) e non ha nascosto un certo disappunto: «Gli organizzatori della festa sono dei maleducati. Se sono sgradito io, in questo clima non vedo perché non debbano esserlo anche i miei ministri...». Insomma, non si va. Così, dopo un veloce giro di telefonate tra i diretti interessati arrivano le rettifiche. Prima fra tutte, quella di Mara Carfagna. «Avevo accettato con piacere l’invito personale di Franceschini a intervenire - dice il ministro delle Pari opportunità - ma è evidente che non sussistono più le condizioni. Se è sgradita la presenza di Berlusconi non c’è ragione affinché vi siano componenti del suo governo». Segue Altero Matteoli: «Se Franceschini non si scusa vuol dire che condivide quelle parole. E allora la festa la faccia da solo». Ragionamento condiviso anche da Giorgia Meloni. «Dopo gli insulti al premier - spiega il ministro della Gioventù - lo spirito della festa non sembra più quello di trasformare il nemico in avversario. In assenza di una marcia indietro sembrano quindi mancare i presupposti per una mia partecipazione».
Ci sarà, invece, Gianfranco Fini. Che proprio ieri ha confermato la sua presenza. In verità, senza alcun intento polemico rispetto al Cavaliere come qualcuno sulle prime aveva sospettato. Da anni, infatti, è prassi che il venerdì pomeriggio l’ufficio stampa di Montecitorio invii per mail gli appuntamenti del presidente della Camera per la settimana successiva. Che poi Fini non abbia alcuna intenzione di entrare nella polemica tra il Pd e il governo è altra questione. Un po’ - fa notare un parlamentare a lui vicino - perché «Berlusconi si sa difendere bene da solo» e un po’ perché «per il presidente della Camera sarebbe comunque difficile rifiutare l’invito del principale partito d’opposizione».

Ragione per cui anche il presidente del Senato Renato Schifani - pur non avendo affatto gradito i toni con cui la kermesse del Pd è stata presentata - difficilmente deciderà di non partecipare.

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