Il premier e il figlio del raìs: «Grave se l’uccisione era voluta»

RomaHa pazientato quasi una settimana e anche ieri, durante il vertice a Palazzo Chigi in cui si discutevano ritocchi e modifiche alla mozione della Lega, Berlusconi ha scelto di non infierire. Nessun accenno polemico, nemmeno una frecciata a Calderoli e Maroni nonostante da giorni il Cavaliere vada dicendo nei suoi sfoghi privati che «questa volta si è esagerato». L’obiettivo, d’altra parte, è «mostrarci uniti e compatti». Perché «la via è obbligata». Berlusconi è ben consapevole che «il 72% degli italiani è contrario alla missione in Libia» ed in cuor suo lo è anche lui. Ma sfilarsi non era possibile, non solo per la posizione geografica dell’Italia ma anche per i rapporti commerciali in ballo. Se davvero restassimo fuori dalla partita, infatti, è chiaro che in un eventuale dopo Gheddafi l’Eni o la Finmeccanica non si limiterebbero a perdere una parte delle attuali commesse ma resterebbero del tutto escluse. Senza considerare i rapporti con gli alleati, Stati Uniti in testa.
Ed è questa la ragione per cui Berlusconi - da sempre sensibilissimo ai sondaggi su qualunque questione - sul punto non ha mai avuto dubbi. Tanto da evitare qualsivoglia spunto polemico anche nei giorni in cui Bossi continuava a rimbalzare a ripetizione le telefonate in arrivo da Palazzo Grazioli. Solo sfoghi privati, per il resto più che avere a che fare con il Cavaliere sembrava di trattare con Gianni Letta. Nella mediazione, però, è stato il premier che ha dovuto far buon viso a cattivo gioco. Proprio in nome del buonsenso e per evitare di aizzare il fuoco di sbarramento del Carroccio alla vigilia del faccia a faccia con il segretario di Stato americano Hillary Clinton che giovedì pomeriggio sarà a Palazzo Chigi. Con buona pace dei vertici del Pdl, dove in molti ieri mugugnavano non poco per essere stati costretti a subire la mozione della Lega che nonostante le limature rimane piuttosto «morbida». Per dirla con un ministro molto vicino a Berlusconi, «in molti passaggi sembra scritta da Vendola». Certo, il fatto che il premier sia convinto della necessità di partecipare alla missione non significa che ne condivida gli obiettivi. Anzi. Ha più di un dubbio. Tanto che durante il vertice non nasconde le sue perplessità sul raid aereo che ha colpito il figlio di Gheddafi e tre suoi nipotini. «Se l’hanno volutamente assassinato - dice - si tratterebbe di un fatto gravissimo perché l’omicidio non rientra negli obiettivi della missione alleata». Insomma, «bisogna capire quale era l’intento del blitz». Poi, una riflessione sulle possibili ritorsioni del terrorismo internazionale. Con la preoccupazione che i suoi cinque figli o i suoi nipoti possano essere considerati un obiettivo dall’estremismo islamico che potrebbe voler colpire Berlusconi. Durante il vertice, però, il Cavaliere (che in serata ha cenato con il ministro dell’Economia Giulio Tremonti e che in una telefonata a una festa elettorale di Letizia Moratti ha annunciato l’approdo al Consiglio dei ministri di giovedì del decreto sullo Sviluppo) si concede anche qualche battuta. E quando Cicchitto gli fa notare che il Giornale avrebbe di molto contribuito ad agitare le acque nella maggioranza la risposta del premier è tranchant: «E che devo fare? Sperare che per sbaglio gli caschi una bomba sopra?». Un argomento trattato anche lunedì sera durante una cena con una ventina di imprenditori a Villa Gernetto. «Ultimamente il Giornale - ha detto il premier - mi ha creato più problemi di Fini e Bossi messi insieme...». «Ma - ha aggiunto ridendo e indicando Sallusti che era presente alla cena - è bene che ve la prendiate con lui visto che non solo non riesco a comandare nel governo ma neanche a farmi ascoltare dal direttore».


Poi, in serata, un collegamento telefonico per una manifestazione elettorale a Mentana, vicino Roma. Con il consueto affondo sulla magistratura e sulla «sovranità» che «appartiene ai pm». Ce n’è anche per Fini («gli ultimi sondaggi lo danno all’1,9%, d’altra parte si allea con la sinistra»).

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